Regia di Marco Berger vedi scheda film
Eugenio e Martin sono due particelle che girano vorticosamente come ce ne sono tante in ogni città o paese del mondo. come ce n'è nello spazio, particelle atomiche che girano all'impazzata in preda alla legge del caos. la butto così, per non saperne nulla di fisica e astronomia, mi viene da dirla così vedendo la storia di questi due ragazzi. Martin è in pratica un senza fissa dimora in attesa di un lavoro a buenos aires che gli permetterà di avere uno stipendio fisso. Eugenio invece scrive articoli per giornali ed è immerso nella stesura di un racconto di finzione su di ricco possidente terriero e della figlioletta minore che gli fa domande troppo impegnative per la sua età e alle quali il padre risponde con sempre minor trasporto e sempre più astio di classe. Martin sta girovagando e fa lavoretti nelle case e dorme a ridosso di un muro al riparo in una radura. un giorno s'imbatte nella villa del padre di Eugenio e qui si riconoscono come amichetti di gioco quando erano bambini. è raro trovare un'empatia così intima in un film. ci sono i film della vita, ma di certo sarà difficile che mi piacerebbe provare empatia con jack torrance o sua moglie wendy, con la reagan posseduta dal demone pazuzu o col vampiro del film di herzog. i ritmi lenti dettati e ricordati anche dalla calura estiva, le pochissime parole dette, il racconto di un niente che si trasforma in quel qualcosa che fa la differenza, ma soprattutto due ragazzi che sentono di avere un'attrazione l'uno per l'altro e non sanno come esprimerla. importanti come poco altro, sono quelle occhiate clandestina che si danno. si scrutano cercando di non muovere la testa, fingendo una noncuranza che è sempre più difficile da dissimulare. scopriamo verso l'ultima mezz'ora che Eugenio è gay, più o meno dichiarato, ma non si sa nulla di Martin, se non che era alla ricerca di una ragazza a lui cara, ma che non era la sua fidanzata. la bella partitura di PEDRO IRUSTA mi ha riportato prepotentemente alla memoria un segmento di FANTASIA, quello della creazione del mondo con le musiche di stravinsky "la sagra della primavera". qualcosa si sta formando, da una reazione chimica nell'acqua fino alla meravigliosa creazione della prima cellula e da qui la formazione di una storia, di un amore. Berger si sarà fatto come tutti una cultura di film gay, e anche di porno. ogni sguardo, ogni sorriso, ogni piccolo tocco da parte dell'uno sull'altro(una spalla nuda, un avambraccio, un fianco nudo, il petto col cuore che batte, fino a quel bacio rifiutato...)fa parte di un'educazione a cercare nell'altro un indizio utile a sentirsi liberi di proseguire il proprio cammino. quella musica sensuale e.... sottile SI! è una musica sottile e soffice che accompagna e carezza i due ragazzi in movimenti poco controllati l'uno verso l'altro; l'uno contro l'altro più e più volte fino a quando la tensione erotica diventa sempre più esplosiva, ma invece che deflagrare, implode in frustrazione annegata nell'alcol e in un sonno quasi violento nel cercare di Eugenio di svegliare Martin, toccandolo sempre più oscenamente. HAWAII fa parte di quei film che ti pervadono , ti si insinuano sotto pelle e si mescolano al sangue mentre continui a pensare a quella scena piuttosto che all'altra, come quando Eugenio rimasto solo dopo il rifiuto si perde a vedere vecchie diapositive delle hawaii e ripensa a quel giorno sulle rive del lago dopo il bagno. non c'è sesso, ma una forte componente erotica in scene disseminate col conta gocce. ma è quel finale, quel sorriso di Eugenio che finalmente accoglie Martin e lo tocca piano piano, sul braccio, sulla mano e poi lo bacia, baciato. si sarebbe tentati di dire che è poesia,e invece è solo vita, finemente filmata.
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