Regia di Gabriele Lavia vedi scheda film
Un killer professionista, braccato da colleghi che vogliono farlo fuori, si rifugia in un bordello. Qui intreccia una torbida relazione con una prostituta che nasconde più di un segreto.
Sensi è la terza regia cinematografica di Lavia, come sempre più preoccupato di dare risalto alla moglie-protagonista Monica Guerritore che a tutto il resto che comporterebbe il mettere in scena un film. Luci, scene, dialoghi, recitazione: tutto piuttosto approssimativo, spesso e volentieri teatralizzato a dovere (in fondo è quello del palcoscenico, il mondo cui Lavia di diritto appartiene); il regista si incarica di rivestire anche i panni del protagonista maschile, ma francamente nel ruolo di dannato sciupafemmine fascinoso - come già in Scandalosa Gilda, dell'anno precedente - risulta sempre più ridicolo che altro. Meglio sicuramente la Guerritore, mentre in parti laterali troviamo Mimsy Farmer e Gioia Scola; la sceneggiatura è opera di otto mani e quattro cervelli: oltre a Lavia stesso, firmano il copione Vincenzo Mannino, Dardano Sacchetti e Gianfranco Clerici. Ma la storia è prolissa, banalotta e parecchio statica per un soggetto simile; killer, prostitute: ammazzamenti & sesso... Ma in modica quantità. Con un finale, inoltre, prevedibile senza grosso sforzo. Le musiche di Fabio Frizzi sono talmente anni Ottanta da sembrare la caricatura di una colonna sonora anni Ottanta: disgustose, in pratica. Difficile capire le ragioni che hanno spinto un bravo e rinomato interprete e regista teatrale a cercare successo nel cinema con prodottini simili. 2,5/10.
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