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Avengers: Age of Ultron

Regia di Joss Whedon vedi scheda film

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La recensione su Avengers: Age of Ultron

di alan smithee
4 stelle

Eccoci al secondo, pompatissimo capitolo delle avventure del gruppo di supereroi più celebrati e conosciuti, glamour e potenti della grande famiglia Marvel; ritroviamo il Capitano (America) ed i suoi prodi compagni già subito in campo, impegnati nel bel mezzo dell’azione più concitata tra boschi e selve nibelunghe, impegnati in una rutilante rincorsa volta ad espugnare una fortezza dove si annidano segreti e loschi progetti di manipolazione genetica, frutto di menti sofisticate votate al male assoluto.

La creazione di una nuova macchina pensante che ambisce a raggiungere fattezze umane senza perdere l’invincibilità che la caratterizza, mette in allerta i nostri membri del gruppo, a sua volta messo da parte, quasi snobbato dal governo centrale, intenzionato a sfruttare la perfezione di questo semidio frutto dei progetti più illuminati della scienza, un congegno pensante che porta il nome di Ultron.

La regia incalzante ed accorta di Joss Whendon, per la seconda volta impegnato nel progetto, ci catapulta sul campo di battaglia quasi in prima linea, a schivare proiettili o esplosioni di carrarmati, seguendo il Capitano nelle sue evoluzioni motociclistiche, o gli svolazzi di Tony Starlk nel più alto dei cieli, o rendendoci parte integrante degli sforzi tellurici prodotti dal celebre martello del semidio Vichingo figlio di Odino.

Ma non c’e’ solo azione e dispersione di adrenalina in questo roboante milionario blockbuster, perché l’accorto regista ed ancor più i relativi sceneggiatori, si ricordano di dare spazio - con un certo sforzo creativo che non ricordo presente nel fumetto (ma potrei sbagliarmi perché non leggo i giornalini Marvel dal lontanissimo 1980) – alle vicende più intime di molti dei personaggi coinvolti.

Finendo quindi per dipingere, almeno in abbozzo, un quadro più intimista di ognuno o quasi dei supereroi del progetto Avengers: tentativo che risulta peraltro lodevole, almeno nelle intenzioni.

Pur essendo, a mio avviso, questo seguito più riuscito del freddo e macchinoso capostipite, ritengo tuttavia che anche qui manchi il pathos, l’emozione, il brivido, l’adrenalina, la vertigine che ricordo viva in molti film d’azione della mia giovinezza (i Bond di Roger Moore, i primi due Superman, il primo Rambo, Terminator ecc.), più poveri di effetti speciali, meno sofisticati, ma decisamente più appassionanti e frementi di una storia che riesca a coinvolgere appieno: insomma ricchi di quell’amalgama in grado di ravvivare un qualsivoglia stato d’animo emotivo, che poi altro non è se non la scintilla in grado di fornire allo spettatore un sussulto di emozione che vale il prezzo (caro in questo caso di 3D piuttosto inutile) del biglietto.

Al contrario, in questo seguito, pare di essere all’interno di un sofisticatissimo videogame, perfetto ma finto, circondato da attori più belli (anzi davvero bellissimi, uomini e donne che siano) che bravi, alle prese con situazioni così al limite che non riescono a destarci da una sensazione di fugace quanto chiassoso superficiale appagamento.

Si tenta anche la carta della storia d’amore, sviscerata nel suo incerto nascere, e dunque in corso di elaborazione tra la Vedova Nera e un Bruce Banner, sempre soggetto ad impulsi incontrollabili (ma non certo dal punto di vista sessuale); la sceneggiatura suddivide equamente gli spazi degli eroi più rappresentativi (Capitan America, Thor, Iron man e Hulk) e si prepara ad introdurre nuovi elementi che nutriranno ed alimenteranno le avventure di chissà quanti sequel potranno succedersi nel prossimo futuro.

Immancabili gli accenni ai valori della famiglia e del focolare domestico, che non riescono da un lato a risultare più di tanto stucchevoli, ma neanche a toglierci di dosso quella fastidiosa, prepotente sensazione di trovarci di fronte a personaggi bidimensionali, eroi di un mondo che non riconosciamo come nostro.

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