Regia di Stephen Daldry vedi scheda film
Raphael, con gli amici Gardo e Gabriel (detto Rato), trova un portafoglio nella discarica dove i tre raccolgono avanzi e oggetti dismessi da rivendere, a Rio de Janeiro. Sono bambini di strada, seguiti dal prete americano Martin Sheen e dalla volontaria Rooney Mara. Solo che il portafoglio scotta, ci sono dentro cose che un poliziotto corrotto (l’ottimo Selton Mello) vuole a tutti i costi, così come il suo “padrino” politico. Trash, produzione britannica diretta da Stephen Daldry, premio del pubblico al Festival di Roma 2014, è uno di quei film da maneggiare con cura. Confezione accattivante, narrazione coinvolgente (con un montaggio che crea suspense passando dal “prima” al “dopo” così che lo spettatore si costruisca il suo percorso emotivo), attori incisivi (bravi i bambini) e contesto esotico. Esotico per chi? Per noi, of course: noi occidentali. Da qui il dubbio morale: possono le favelas così trattate - scenograficamente brutte, esteticamente “belle” - diventare spettacolo, set? Trash piacerà a chi risponde sì e farà orrore a chi pensa di no. L’operazione ha comunque un che di cinico, perché se si trattasse di pura exploitation (vale a dire trucidume di genere dichiarato fin da subito) avrebbe un senso, ma un film come questo non rinuncia alla sua patina autoriale, alla sua patente “alta”, e allora guai a non rimarcarne lo sguardo neocolonialista e l’ipocrisia di fondo.
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