Regia di Ivano De Matteo vedi scheda film
Due fratelli. Uno avvocato con miseri scrupoli. L’altro pediatra progressista. Sposati. Entrambi padri di un figlio adolescente. Una sera Chi l’ha visto? manda in onda il filmato dell’aggressione di una clochard da parte di due giovani. Che siano i due cugini? Il problema principale di I nostri ragazzi è nella scrittura. Perché con i suoi dialoghi didascalici, colmi di coatti caratteri informativi sui personaggi (gli sceneggiatori italiani dovrebbero leggere I tre usi del coltello di David Mamet), dispiega un aberrante senso del realismo che è un realismo mediato, annebbiato dal filtro della realtà televisiva semplificata.
Come sa fare solo il peggior cinema italiano, De Matteo scalpella i suoi personaggi con gli occhi al bignami del sociologismo caricaturale: non sono uomini, quelli che racconta. Sono tipi, con una manciata di caratteristiche a testa. I ragazzi sono immorali perché anestetizzati dagli smartphone, eccitati dall’esposizione alla violenza, viziati dal benessere. Punto. I genitori cambiano, ma per De Matteo non è importante descrivere l’iter del cambiamento, quel che conta è che questo sia utile al recapito del Messaggio di sdegno sull’Italia e all’Effetto sorpresa sul pubblico. Il realismo non regge. Così il film sembra ridurre la storia al viaggio della trama verso la sua morale, e il discorso sul reale allo svolgimento elementare di un Tema sui mali del contemporaneo. Bisogna ricominciare a raccontare storie, prima che la Società.
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