Regia di David Fincher vedi scheda film
E' un film molto attuale che ci propone un quadro completo su una quotidianità apparentemente banale, raccontando come può trasformarsi in una drammatica bugia. Vi è la capacità di far ritrovare lo spettatore non tanto nei personaggi quanto nella società descritta, nelle vicende di ogni giorno mostrandola dal punto di vista però dei protagonisti.
“GONE GIRL” (L’amore bugiardo) è un film molto attuale che ci propone un quadro completo su una quotidianità apparentemente banale, raccontando come può trasformarsi in una drammatica bugia.
Fincher sembra focalizzarsi inizialmente solo sulla vita della coppia, la realtà di tutti i giorni, dove la mente di Amy viene analizzata a piccole dosi. Quasi non ce ne accorgiamo e ci ritroviamo davanti ad una donna per la quale inizialmente proviamo empatia, (una donna tradita dal marito che sembra voglia solamente riscattarsi) che invece si scopre essere una psicopatica omicida. Non la definirei però semplicemente così.
Amy è solo una donna che non crede nell’amore, una donna direi quasi delusa che cerca un suo ruolo nel mondo, un suo ruolo con gli uomini, nelle relazioni. Commette a mio avviso un unico grande errore: mettersi in mezzo. Lei architetta una serie di eventi per incastrare il marito che però non vanno a buon fine, perchè si rende protagonista, e questo la coinvolge troppo, fino a farle perdere il vero motivo per il quale fa tutto ciò. Risultato: donna semplicemente sola, etichettata come pazza da un marito che è costretto a starle accanto.
Nick, dal canto suo, è un uomo apparentemente forte ma con un animo fragile, non sa prendere decisioni, nella prima parte del film viene quasi mostrato come il tiranno, l’uomo infedele che tratta male sua moglie. Le cose si ribaltano, lui diventa la vittima e verso la fine del film vediamo un briciolo di personalità.
Grande lavoro sui costumi, i cambi di aspetto di Amy in tutte le sue fasi e modi di essere, dalla donna comune alla fuggitiva per concludere con la seduttrice omicida. Ottima la fotografia, che con un gioco di ombre e ambientazioni quasi sempre caratterizzate da colori scuri e spenti (anche negli abiti) immerge completamente lo spettatore nel dramma, senza mai annoiarlo o distrarlo. E’ proprio questo il grande lavoro da apprezzare nel film, la capacità di far ritrovare lo spettatore non tanto nei personaggi quanto nella società descritta, nelle vicende che siamo abituati ad ascoltare ogni giorno in tv, alla radio o su internet, mostrandole però dall’altra parte, ovvero da quella dei protagonisti. E’ proprio il ruolo dei media quindi ad essere quello decisivo, manipolatore, quello che intrappolerà i protagonisti in una gabbia eterna.
La frase più significativa di questa pellicola secondo me è:
“C’E’ DIFFERENZA TRA AMARE QUALCUNO E AMARE L’IDEA CHE ABBIAMO DI LEI”.
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