Regia di David Fincher vedi scheda film
Si può certamente affermare che, per David Fincher, L'amore bugiardo costituisca l'opera della maturità. E secondo me questo è un film indubbiamente furbo, perché a posteriori lascia un'impressione migliore rispetto al godimento che se ne trae guardandolo. Si ricava, cioè, l'impressione di avere assistito al lavoro di un erede di Hitchcock e di Hawks, ma il meccanismo è alquanto freddo e con troppe sbavature dal punto di vista logico. Il copione di Gillian Flynn (autrice anche del libro da cui il film è tratto) lascia che tra gli ingranaggi si inserisca qualche granello di sabbia di troppo. E se giustamente enfatizza il ruolo dei media (in particolare della televisione), forse esagera l'importanza delle convenzioni sociali e delle differenze culturali e di classe in una società generalmente aperta come quella americana. Questo vale, secondo me, anche se la Flynn e Fincher hanno l'avvertenza di tenersi lontano dall'America falsamente liberal e democratica che troppo spesso ci è stata propinata dall'industria cinematografica, per ancorarsi a due poli in cui è più pregnante la tradizione dei vecchi tempi, come la New York alto borghese, da cui proviene lei, ed un feudo del vecchio sud come il Missouri, patria di lui.
Nell'interpretazione dell'Amore bugiardo, si è oscillato tra accuse alla sua misoginia ed elogi al suo femminismo, in quest'ultimo caso per il rifiuto, da parte della protagonista femminile (una volitiva Rosamund Pike, che sullo schermo spicca, contrapposta al poco mobile Ben Affleck), dal ruolo omologato generalmente affidato alla donna all'interno della coppia matrimoniale. Resta il fatto che lei è una cinica e probabilmente pazza assassina, anche se il film non trascura di mettere in mostra altre figure femminili forti, intelligenti e generose, come la sorella del protagonista e la poliziotta che indaga sulla scomparsa della ragazza di cui al titolo originale (Gone Girl).
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