Regia di David Fincher vedi scheda film
L’amore bugiardo, lo specchio dei nostri tempi. Il film di Fincher è un thriller soltanto in superficie. Scavando, ma neppure troppo a fondo, andando oltre la patina cui si rifugiano i protagonisti della vicenda, l’occhio del regista si sofferma impietoso sulle convenzioni sociali che governano la vita di coppia. La macchina da presa scruta sulle esistenze basate sull’effimero, sui rapporti che si sgretolano e sull’incapacità nel conoscere l’altro.
Il mondo deformato dall’intrusione dei mass-media. Realtà e apparenza. Segreti celati e verità rimosse.
La provincia americana è un pretesto, è l’intero mondo occidentale sotto la lente d’ingrandimento di Fincher, con la crisi economica che ridimensiona vite e aspettative, ma non l’immagine, perché questo è il pilastro della nostra società.
Tutte queste cose sono sullo sfondo, celate ma non troppo.
In superficie c’è il thriller con al centro un uomo mediocre, che mente a tutti e non sa affrontare i problemi della vita con il partner, e una donna tutta apparenze che credeva di condividere fingendo di essere perfetta.
Il film potrebbe tranquillamente essere diviso in tre tempi: il sospetto, la rivelazione e l’epilogo.
La sceneggiatura non è a orologeria, nel senso che presenta qualche punto oscuro, qualche piccola crepa.
Ma è una sceneggiatura credibile, ed è ottima per tempi e dialoghi. Soprattutto, non è affatto prevedibile.
Fino all’ultimo nessun elemento può condurre lo spettatore a uno dei possibili finali e la chiusura resta quasi in sospensione, sullo sguardo della Pike come perso in un limbo. Un limbo di menzogne sotterfugi e ipocrisie.
Signori, questa è l’America o, ancor peggio, una parte della nostra esistenza.
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