Regia di David Fincher vedi scheda film
Guerre coniugali sullo sfondo della crisi economica con un tocco di conflitto di classe.
Sarebbe forte la tentazione di riassumere con queste poche parole l'ultima fatica di David Fincher, una frase secca e tagliente così come lo sono alcune delle migliori battute che si possono assaporare nel corso della proiezione “Ma io non capisco.....perché ci tieni tanto? Sì, io ti amo, ma siamo riusciti solo a odiarci e a dominarci a vicenda, facendoci molto male...perché?” “Si chiama matrimonio”.
Sarebbe però ingeneroso liquidare in poche righe un thriller così interessante e così ben costruito.
E allora andiamo a parlare di questo L'amore bugiardo - Gone Girl.
Nick è un bravo ragazzo della provincia americana, viene dal Missouri ed è approdato a New York per realizzare le proprie aspirazioni letterarie. Amy è bella, bionda colta, raffinata, fa la giornalista, è di buona famiglia. Si conoscono alla classica festa, si innamorano, si sposano.......tutto bello? Ovviamente no, la recessione è dietro l'angolo, entrambi si ritrovano in mezzo a problemi economici impensabili fino a poco prima, e in aggiunta la graziosa e borghesissima coppia di genitori di Amy non è così ben sistemata finanziariamente come si poteva pensare.
Quando una gravissima malattia della madre costringe di Nick a far ritorno a casa, la deliziosa mogliettina lo segue e l'occasione sembra dare ad entrambi un modo per cercare una ripartenza sia per la propria vita professionale che per quella di coppia.
E così l'aspirante scrittore si ritrova a gestire un bar insieme alla sorella gemella, mentre Amy annega in quel mare di mediocrità che per una figlia della Grande Mela come lei può essere l'unica strada percorribile in una cittadina anonima della profonda provincia americana.
La situazione di un matrimonio in crisi, senza sbocchi che non sia quello dell'ormai inevitabile divorzio, subisce invece un'improvvisa impennata dalla sparizione della stessa Amy.
E da questo punto in poi nulla è come sembra, e neanche come parrebbe essere. Nick ha atteggiamenti contraddittori, quella faccia un po' stolida da bravo ragazzo a stelle e strisce potrebbe nascondere un omicida, ma anche Amy non è quella povera frustrata che le circostanze definirebbero senza dubbi. Magari un po' altezzosa un po' arrogante, molto middle class, ma in fondo essere figli viziati di estrazione borghese se non è cosa che rende simpatici non è neanche un reato.
La bionda moglie di Nick è anche, e soprattutto, una che nella finzione ci è vissuta, la sua vita appositamente distorta è stata per i due genitori fonte di ispirazione per la creazione di un personaggio di fantasia, la “mitica Amy”, che ha contribuito negli anni a rimpinguare le casse di famiglia.
Dura la vita sapendo di essere stato il modello per un personaggio che nella vita (anche se inventata e dunque irreale) le ha imbroccate tutte al contrario di te.
Ci fermiamo qui, lasciamo allo spettatore il gusto di tutto quello che verrà dopo.
Fincher sembra voler rivedere la lezione del grande, indiscutibile Maestro e punto di riferimento per tutti coloro che osano calpestare il sentiero del giallo e del brivido (ovviamente Alfred Hitchcock, e quella inquadratura iniziale dominata dalla chioma bionda della protagonista pare proprio una dichiarazione di intenti da parte del regista) e sulla sceneggiatura di Gillian Flynn intarsia una storia ricca di doppie verità più che di colpi di scena, una vicenda nella quale i veri protagonisti sembrano essere la finzione e l'opportunismo, schierando una pletora di personaggi negativi come raramente se ne sono visti prima. A partire dalla coppia protagonista, lui un immaturo che ha finto di essere quello che in realtà non è per compiacere la donna amata (o forse era solo un'infatuazione da adolescente ritardatario), quanto a lei l'abbiamo già descritta prima.
Per proseguire con un corpo di poliziotti che sembrano aver già deciso il colpevole (di che cosa poi non si bene, visto che di cadaveri non se ne vedono), una conduttrice televisiva talmente astiosa verso la razza umana di sesso maschile da voler mandare Nick al rogo senza indugi (e in automatico riuscendo a rendercelo simpatico), per arrivare a una vicina di casa dedita solo alla procreazione, sedicente miglior amica di una donna con la quale in comune potrebbe avere solo l'atto della minzione (perdonate l'eufemismo) e culminando infine nei due genitori ansiosi per la sorte della figlia o forse più ancora per la loro unica fonte di guadagno.
Nessuno si salva in questo film, lucido e spietato come la sottilissima trama in cui si innestano i numerosi fili delle varie vicende che si incrociano. Nemmeno l'avvocato specialista in divorzi difficili che corre in aiuto di Nick non certo per motivi umanitari, e che alla fine non si dimostra di molto aiuto.
Nessuno, dicevamo, a parte le uniche due figure che sembrano serbare un po' di genuina umanità: Margo, l'afflitta e preoccupata (per la sorte del gemello) sorella di Nick, e il detective Rhonda Boney, la sola che sembra voler applicare il buon senso e la legalità in un bailamme di indagini condotte più con l'istinto e l'emotività che con il raziocinio (basti vedere la scena dell'interrogatorio finale, non diciamo a chi, in cui la detective Boney , in mezzo ad un gruppo di agenti dell'F.B.I. che danno per verità ciò che è tale in apparenza. è l'unica che non si ferma alla facciata delle cose tentando inutilmente di arrivare alla realtà degli eventi da lei ben intuita).
Un bel thriller, complesso e perciò richiedente una certa dose di attenzione, ma affascinante come tutte le cose che nel loro essere intricate sanno mantenere una intelaiatura logica.
Bravissima Rosamund Pike nei panni di Amy, ben supportata da Ben Affleck in quelli di Nick. Tra gli altri menzione doverosa per Kim Dickens, eccellente nei panni del detective Boney, Carrie Coon nel ruolo di Margo e Neil Patrick Harris a dar vita alla figura di uno dei più stupidi ex fidanzati che si siano mai visti al cinema.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta