Regia di Ron Howard vedi scheda film
Ci sono quei film che aspetti con una certa ansia perchè sai che ti consegneranno qualcosa che ti colmerà una necessità e robe del genere. Ebbene questo NON è uno di quei film. La storia raccontata e lo stile registico (che conoscevo piuttosto bene) non erano e non sono nelle mie corde. L'ho voluto ugualmente vedere perchè innanzitutto ho consapevolezza che Howard è regista di valore e possiede un suo preciso stile (ancorchè non tra i miei prediletti) e poi perchè la mia curiosità no-snob mi induceva a vedere un film che sta spadroneggiando le vette del box office, raccontando una vicenda autentica e di conclamato vaglio letterario. Melville non si discute anche se confesso che il suo capolavoro Moby Dick lo conosco solo per sentito dire e non mi sono mai calato in quella lettura. Per farla breve, non avevo aspettative ma solo tanta curiosità, e con una ragionevole garanzia che in ogni caso non sarebbe stata una fregatura. Ed è andata secondo le previsioni: in sintesi, un bel filmone che appassiona le masse da multisala, e ne ha d'onde, da spettacolone robusto e professionale, ma che al cinefilo che è in me ha detto poco e nulla. In ulteriore sintesi: da parte mia Rispetto ma non certo Passione. Il manico (la regìa di Ron Howard) è fondamentale e qui fatemi dire che la mia opinione in merito a questo acclamatissimo cineasta americano è alquanto frastagliata. Per dire, lui ha realizzato film come questo che m'interessano pochino, altri che non m'interessano per niente ("Rush") e altri ancora che mi sono piaciuti da morire ("Frost-Nixon, il duello"). Molto evidentemente dipende dal tema affrontato, fermo restando il valore tecnico di un super professionista della macchina da presa. La vicenda qui raccontata poggia come base su un incontro. Quello tra uno scrittore (Melville medesimo) e un anziano navigatore che per tutto il fim narra una storia per molti affascinante per me appena "il giusto" (de gustibus, ovvio). Un' epopea fatta di tante "prove" che riconducono in sostanza ad una Grande Sfida tra l'uomo e la natura selvaggia, o se vogliamo tra l'uomo e il Mostro Invincibile, alias la Balena, che finisce col rappresentare (puttosto ovviamente) la Paura che giace costante nel fondo dell'anima verso tutto ciò che è immenso oscuro e misterioso. L'ignoto che per essere affrontato esige un Coraggio Supremo che sconfina nell'incoscienza. Il protagonista è raccontato molto bene, perchè ne risaltano i tratti da perdente e da vulnerabile, sia rispetto alla Natura sia rispetto ad un'umanità gretta, ottusa e tutt'altro che lungimirante. Numerose le interminabili scene (altamente spettacolari ma poco inclini al mio gusto cinematografico) di lotta strenua tra l'equipaggio e la Grande Balena sullo sfondo impietoso di cieli cupi e mari in suprema tempesta, il tutto a tratti esasperato e un pò tonitruante ad esaltare l'epicità di una epopea avventurosa e di chiaro sapore letterario. Fatti salvi i siparietti famigliari del protagonista con la moglie perennemente in ambasce ma d'altronde inevitabil in ambito di drammone blockbuster. Anche se pure quelli (come le succitate scene sui mari procellosi) sono dirette da Howard con sapienza e senza mai cedere in fatto di buon gusto. Bravi gli attori anche se spesso piegati alle esigenze di una vago clichè da spettacolone hollywoodiano. Quanto al mattatore indiscusso del film (Chris Hamsworth) confesso che non mi è mai piaciuto in nessuno dei tantissimi film in cui ha imperversato, mi spiace ma è una questione di gusto, e lui proprio non mi ha mai convinto. Grandissimi invece due attori che ho sempre seguito e stimato: Brendan Gleeson e Cillian Murphy, e che anche qui offrono ottime prove.
Insomma, per molti versi un bel film (come ho già detto pur restando in ottica da blackbuster hollywoodiano con tutti gli annessi e connessi), ma troppo lontano da ciò che io mi aspetto dal Cinema.
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