Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film
Checché ne pensasse l’amica di Vivian in Pretty Woman, l’happy ending di Cenerentola non è solo questione di fortuna. Ma di «coraggio e gentilezza», ribadisce Kenneth Branagh fino allo stremo, nella nuova versione Disney dell’immortale fiaba, questa volta in live action, ma con fortissime iniezioni di computer grafica. Che srotola su un tappeto barocco di dettagli sfarzosi e lussureggianti tutta l’atemporalità del classico: per la maggior parte aderente all’intreccio di Perrault (lo stesso seguito dall’animazione di zio Walt nel 1950), in equilibrio tra stupore del fantastico e (relativa) verosimiglianza di trama, Cenerentola aggiunge ai suoi personaggi lo spessore che basta a non farli sfigurare in tre dimensioni e rincorre con consapevolezza i fasti della Hollywood che fu, di un cinema lussuoso e sfavillante capace di concretizzare su pellicola la sostanza dei sogni (e il sogno di diventare “principessa per un giorno” è da sempre il cuore del successo di questa storia). Così la matrigna è una diva in declino che odia la “Eva” destinata a soppiantarla, l’orfanella incarna la fresca e incorruttibile determinazione dell’innocenza, il principe è intrappolato in un’accennata commedia degli equivoci e delle convenzioni sociali; a parziale eccezione della fata Madrina (un po’ mago Merlino di La spada nella roccia), tutti ballano al passo infallibile della tradizione. Con gentilezza. Coraggio, un po’ meno.
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