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Otel·lo

Regia di Hammudi Al-Rahmoun Font vedi scheda film

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La recensione su Otel·lo

di scapigliato
9 stelle

Che Shakespeare sia o no l’autore dei suoi drammi e delle sue commedie poco importa. Ciò che importa e che ci stupisce appena c’è occasione, è che i temi e i personaggi delle sue opere non solo resistono nel tempo e continuano ad essere icone del moderno e di qualsiasi altra forma di pensiero da esso generata, ma si adattano perfettamente a qualsiasi struttura narrativa, a qualsiasi genere e a qualsiasi riproposta se ne faccia pur variando lo spirito originale.

Lo stesso accade alla scommessa ampiamente vinta da Hammudi Al-Rahmoun Font, giovane regista e professore de la Escola Superior de Cinema i Audiovisuals de Catalunya, che in soli tre giorni di riprese e con un budget di 15.000 euro realizza 69’ di metacinema d’autore. Il suo Otel•lo travalica l’idea di nuovo adattamento, supera il concetto di sperimentalismo e fonde tra loro teatro, documentario, reality e cinema con un ottimo risultato estetico ed espressivo. Senza nulla togliere al piacere del racconto.

I personaggi sono pochi e vengono presentati nei vari atti in cui il film è diviso: un regista, una coppia di fidanzati chiamati ad interpretare Otello e Desdemona e infine il personaggio di Cassio, un bel giovane, prestante e accattivante, sicuro dei propri mezzi estetici, perfetto oggetto di disturbo nell’economia della tragedia scespiriana. Inutile chiedersi dove sia il più importante ed emblematico personaggio dell’immaginario scespiriano, ovvero Yago, la coda del diavolo, il serpente istigatore, l’ombra che attraversa l’umano interrogandolo e instillandogli il germe del sospetto, il dubbio, la paranoia, perché Yago c’è ed è presente in scena dall’inizio alla fine: è il regista stesso. È lo stesso Hammudi Al-Rahmoun Font che insinua ai suoi attori la menzogna tanto quanto l’originale letterario.

Fin dalle prime fasi di lavorazione, il suo casting è in realtà un interrogatorio arguto e insinuante dove si percepisce immediatamente l’atteggiamento con cui il regista si relaziona ai suoi attori. È però con il quarto atto, intitolato proprio “Yago” in cui troviamo lo snodo più drammatico e disturbante del film. Il regista/Yago arriva a instillare nei due amanti, Desdemona e Cassio, ovvero gli esordienti Anna María Perelló e Kike Fernández, il dubbio dell’attrazione reciproca e della possibilità di filmare la copula senza scadere per forza in un film pornografico. E così accade. Il dramma esplode e non lo si può più arginare, la tragedia è dietro l’angolo, ma la mano del demiurgo sadico arriva anche là dove ormai non dovrebbe più.

Ottima pellicola a un passo dal capolavoro a causa di tre piccoli dettagli: a) la scena della copula non è reale: gli attori sono nudi, ma non c’è penetrazione – me lo ha confermato l’attore coinvolto, Kike Fernández; b) l’Otello interpretato da Youcef Allaoui tenta davvero di uccidere la sua innamorata sul famoso letto della tradizione teatrale, ma viene fermato prima di soffocarla; c) il regista, ovvero Yago, si compiace del proprio lavoro e si complimenta con gli attori anche ricevendo insulti e sberle.

Credo che questi tre piccoli dettagli si potevano gestire diversamente: a) avrei davvero girato una reale penetrazione con tanto di dettaglio anatomico, considerando come le tematiche topiche dell’Otello scespiriano, passione, amore, inganno e invidia, siano strettamente legate con il concetto di carnalità; b) avrei lasciato Otello uccidere Desdemona senza l’intervento di nessun membro della troupe; c) a tragedia consumata, il regista/Yago si sarebbe tolto la vita. Un’escalation di dramma, tragedia e ineluttabilità che avrebbe collegato la nascita della modernità con la contemporaneità attuale.

Se stupisce l’indifferenza con cui Hammudi Al-Rahmoun, regista in campo, gestisce i sentimenti dei suoi attori travalicando Stanislavski e il realismo documentario, e commuove la sensibilità in bilico tra conservazione virginale e tensione adultera che sgomita dentro Anna María Perelló, è la fisicità di Kike Fernández, ostaggio delle trame oscure del demiurgo prosperino, a convogliare su di sé non pochi vettori di senso dell’intero dramma: da attore a oggetto di scena, perno, o fallo, del dramma, per compiacere l’onnipotenza del regista – e qui entrano in gioco altre tematiche, dall’omoerotismo al voyeurismo hitchcockiano. Perfino il personaggio di Otello risulta marginalizzato dall’importanza data al personaggio di Cassio, notoriamente di contorno nelle varie rivisitazioni della tragedia.

Il film così, nonostante non si arrischi in territori spinosi al limite con la pornografia e la tragedia disperata, resta un perfetto esempio di cinema indipendente che sa unire originalità, innovazione del linguaggio e immaginario tradizionale. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: premiato nel 2013 al Festival de Cine de Autor de Barcelona, al Atlántida Film Festival e al Festival europeo di cinema indipendente, ha messo d’accordo pubblico e critica.

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