Regia di Franco Maresco vedi scheda film
Se Daniele Ciprì, suo storico compagno di (sfortunate) avventure cinematografiche, è, oggi, regista di simpatiche commediole che poco hanno a che vedere con il cinema dissacrante del duo, Franco Maresco è rimasto, in qualche modo, legato a un'idea di Cinema diverso, corrosivo, freak. Lontano dal cercare un facile riscontro al botteghino, torna con questo splendido ritratto di una Palermo marginale, periferica, dove il virus Berlusconi ha più attecchito, fra il populismo (o il popolino) e la mafia. Muovendosi nel suo territorio preferito, il documentario, Maresco inserisce una vaga linea di finzione, rappresentata da un bravo Tatti Sanguineti, partito da Milano alla ricerca del regista, misteriosamente scomparso durante la lavorazione di "Belluscone". La forza del documentario di Maresco sta nella sua straordinaria bravura nel muoversi, da sempre, nel grottesco umano, in quella melma subculturale che se in "Cinico TV" era rappresentata da un disfacimento totale dei corpi e dei luoghi, è qui spaventosamente più reale e angosciante, in personaggi come l'improponibile Ciccio Mira, impresario di cantanti neo melodici, negli stessi figuri canterini, nella gente del Brancaccio e, insomma, in tutto l'humus umano in cui si radica facilmente la mafia e, quindi, pure Berlusconi. Prima ancora, quindi, di un viaggio attraverso la connivenza Berlusconi-Mafia, di cui son pieni i tribunali ed è ormai storia, è il ballo dei disperati attorno ad atterrire, a far cadere le braccia, a far spalancare gli occhi sgomenti di fronte a qualcosa che si fa fatica credere sia umano o anche solo accettabile nell'Italia di oggi. Si ride amaro, in effetti, e si lascia ogni speranza, a visione conclusa. Un documentario mirabile e splendido.
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