Regia di Franco Maresco vedi scheda film
Un carnevale di maschere, una pantomima, la (nostra) Sicilia "neomelodica", contraddittoria, funestata da mentalità lente a morire. Franco Maresco, in Belluscone, c'è e non c'è, è un fantasma onnipresente dietro le sue riprese e nelle intenzioni di tutta la pellicola, ma assente, introvabile, per Tatti Sanguineti che, giunto a Palermo, decide di andarne alla ricerca riportando alla luce il materiale che Maresco stava mettendo insieme per realizzare il suo Belluscone, il film che adesso è, e che parla di se stesso, in una forma diversa da quella di un progetto originario finito "nel limbo delle opere incompiute". Maresco non si trova, è stato ammutolito, forse, probabilmente, dalle infinite asperità che si contrappongono a chi parla di una brutta parola come "trattativa", o riesce a credere che lo Stato possa in qualche modo far meglio della Mafia. Come fa notare il film, il brigantaggio nasce dalle insofferenze nei confronti del nuovo Stato Italiano, dal 1861, ma se questa mentalità è sopravvissuta, è sopravvissuta anche l'idea che Garibaldi (che pure permise l'annessione del Sud) sia un liberatore. La mentalità siciliana è una contraddizione vivente, biascicante omertà da ogni poro, intimorita, convinta di aver ragione. Il ridicolo, in Belluscone, è un terrificante non-detto che serpeggia fra chi sembra più rozzo e sempliciotto, un Ciccio Mira esilarante e bianco-e-nerò-foro (portatore di improvvise sequenze in bianco e nero, chi vedrà capirà), offerto allo schermo per un risultato raccapricciante.
Raccapricciante è la realtà sconvolta di Belluscone, attraversata dall'ironia di colui che ha realizzato con Daniele Ciprì la mitica Cinico tv e che ha sempre tentato la strada della verità, piuttosto che della metafora. In Belluscone si gioca con i documentarismi, si fa un po' di docufiction su ciò che è reale, e sovrapponendo più registri si arriva a parlare anche di un'intimità impaurita e terrorizzata qual è quella di Franco Maresco (che per la proiezione a Venezia di Belluscone ha disertato il Lido). E c'è davvero di che avere paura, specie se da siciliano si vede un film su dove, dietro l'angolo, costui ha ammazzato quell'altro, e quell'altro ancora ha fatto un accordo con questo, un magna magna che si addice al berlusconiano bunga bunga, alla luce di un'alleanza (ideologica, amichevole, spassionata) che si venne a creare (e ormai lo si dice con definitiva cognizione di causa) fra il leader di Forza Italia e un manipolo di mafiosi di Cosa Nostra, che prestarono a Berlusconi, per un investimento in televisione, la bellezza di 20 miliardi di euro, il cui destino non è ancora svelato. Fingendo di fingere, Maresco penetra nel mondo dello spettacolo e crea uno spettacolo straziante e straniante, disturbante seppur divertente, su questi nuovi cantanti neomelodici che Ciccio Mira ha lanciato nelle piazze ingenu(amente pericolos)e di Brancaccio, per avere un controllo diretto sui "messaggi in codice" che i suddetti neo-cantanti, in televisione, mandano tramite affettuosi bigliettini di cari parenti, agli "ospiti dello Stato", gli innominabili carcerati, perché, si sa, in Sicilia "uno per famiglia necessariamente ce n'è".
Se la partecipazione di Ficarra e Picone è quasi postuma, superflua, ma comunque sulla linea di una certa scelta da parte di Maresco, ingegnoso si rivela invece il gioco delle parti e delle finzioni che si viene a creare parlando del cantante neomelodico Erik (insieme all'altro, Vincenzo), per il quale l'incontro con Berlusconi è una vincita alla lotteria, e il quale si fa portavoce di continui cambi di partito, dalla volontà di partecipare con Maresco al film, alla decisione di denunciarlo per violazione dei diritti d'autore, fino al ricongiungimento con Vincenzo, che gli avrebbe "fregato" una canzone. E ancora, Belluscone si riempie di contraddizioni fra vero e falso che sono poi le contraddizioni di ciò che a Palermo si vede e ciò che è insabbiato, fra ciò che si sospetta, si dice e si nasconde, un continuo fuggi fuggi della coscienza popolare, incapace di ricordare date come il 19 luglio o il 23 maggio. Con i conseguenti brividi di chi invece lo sa, e vede come niente realmente proceda in avanti per risollevare un mondo inginocchiato. Si ride, a volte alle lacrime, ma ci si agghiaccia.
Presentato nella sezione "Orizzonti" al 71° Festival del Cinema di Venezia.
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