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Ora zero

Regia di Edgar Reitz vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Ora zero

di sasso67
9 stelle

Quando vedo un film, non posso fare a meno, anche per comprenderlo, di pensare a punti di riferimento, non solo cinematografici che conosco. Non essendo un critico, penso di potermelo permettere. Stunde Null - che significa "ora zero" - mi ha fatto venire in mente, sebbene per aspetti diversi, tre di questi punti di riferimento e precisamente Roberto Rossellini, il Bergman del Settimo sigillo e un film tedesco contemporaneo a questo di Reitz, cioè Il diritto del più forte di Fassbinder.

Nella storia tedesca, l'ora zero è quella della resa della Germania al termine della Seconda Guerra Mondiale, e precisamente le ore 24,00 dell'8 maggio 1945. Questa scadenza dà origine, nella zona di Lipsia, occupata dall'esercito americano, ma assegnata dagli accordi tra le superpotenze all'influenza sovietica, a un periodo fuori dal tempo che è quello che va dalla partenza dei soldati americani all'arrivo dell'Armata Rossa: i personaggi vivono in un vuoto anche istituzionale conseguente alla fine del nazismo ed alla mancata nascita di qualcosa di sostitutivo. Non è un caso che nel film non ci sia la figura di un rappresentante di una qualche istituzione, come un sindaco oppure un prete. L'impressione è che il vuoto possa essere riempito da qualche opportunista, come quel Franke che è passato in pochi giorni dalle svastiche alle bandiere rosse con le quali accoglie i soldati russi. Anche il luogo in cui si svolge Stunde Null sembra fuori dal tempo: poche case intorno a un casello ferroviario in mezzo alla campagna.

Il protagonista evidente del film è un ragazzo poco più che adolescente, che indossa ancora i pantaloni corti della hitlerjugend e un giubbotto di pelle da pilota aereo americano, porta una pistola e guida un sidecar della Wehrmacht (simbolo abbastanza evidente di confusione anche politica). Il suo scopo è quello di individuare, nel cimitero del villaggio, una cassetta sepolta da un gerarca nazista, contenente dei tesori, necessari a fuggire in America.

C'è un altro protagonista, per così dire occulto, che è il piccolo Torsten, il bambino con la bicicletta, che è una specie di testimone quasi muto ma onnipresente. Quest'ultimo è un secondo punto focale del film, anche perché il regista e molti dei suoi collaboratori avevano più o meno l'età di Torsten ai tempi dei fatti raccontati. Poi il ragazzino, depredato dai russi della sua bicicletta, viene abbandonato dalla macchina da presa, che in precedenza lo aveva sempre seguito, perché l'altro protagonista, Joschi, con la ragazza Isa, deve attraversare un bosco per raggiungere gli agognati soldati americani.

Questi riserveranno un'amara sorpresa a Joschi, che sarà costretto a una rincorsa della camionetta come quella di Anna Magnani in Roma città aperta. A Rossellini rimanda anche, per espressa ammissione di Reitz, il titolo del film, chiaramente ispirato a Germania anno zero; invece, la spoliazione finale di Joschi mi ha ricordato quella di Fox, protagonista di Il diritto del più forte di Fassbinder, mentre quel microcosmo ai bordi della foresta, con la presenza del polacco Motek, gestore di una piccola giostra da fiera (che ricorda i saltimbanchi medievali), il suo trattare con chi ha potere di vita e di morte, nonché lo svolgersi della vicenda in un momento di attesa prima dell'Apocalisse rimanda al Settimo sigillo di Bergman. È stato detto, infine, che Stunde Null è un film in controtendenza rispetto al periodo in cui è stato realizzato, perché non si occupa attivamente di politica, diversamente da molti film tedeschi coevi. E tuttavia quel finale consente a Reitz e ai suoi cosceneggiatori di concludere il film con un esplicito insulto agli esportatori del capitalismo: «porci americani!»

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