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Il giovane favoloso

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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La recensione su Il giovane favoloso

di laulilla
3 stelle

Quello che il film dice e, soprattutto, quello che non dice…

 

Il film, prevalentemente biografico, racconta la vita del poeta sviluppandola intorno ai tre periodi, che il regista considera i più importanti della sua formazione: quello recanatese, dalla nascita alla tentata fuga dal natio borgo selvaggio; quello fiorentino, degli incontri con gli intellettuali liberali del Gabinetto Vieusseux, cui fu introdotto dall’amico Pietro Giordani e, infine, quello napoletano, l’ultimo periodo della sua esistenza, vissuto con l’amico Antonio Ranieri.

La scelta del regista è – per quanto vistosamente omissiva – del tutto legittima e non sarebbe priva di una sua plausibilità se, al suo interno, egli avesse presentato, oltre al percorso psicologico che approda al ribellismo insofferente nei confronti della famiglia, di Recanati e degli intellettuali del suo tempo, anche il percorso culturale attraverso il quale  il giovane favoloso venne elaborando la sua weltanschauung, quella filosofia dolorosa ma vera, che ne costituì l’originalità, scandalosa e inaccettabile, in un mondo che andava vagheggiando o progetti politici reazionari (come il padre Monaldo) o cambiamenti rivoluzionari in vista di imprecisate magnifiche sorti e progressive (come il gruppo fiorentino dell’Antologia).


Martone, infatti, pare sorvolare su altri viaggi non affatto irrilevanti nella formazione del poeta, senza farci conoscere quali letture, quali libri proibiti della biblioteca di casa Leopardi gli avevano fornito l’impulso per portare a livello teorico e filosofico la propria privata conoscenza del dolore, che invece continua a raccontarci nei minimi particolari, né accenna al confronto che il giovane andava maturando fra gli  scritti degli antichi filosofi greci ed ellenistici e quelli di alcune correnti illuministiche, in particolare del sensismo di Condillac, del materialismo di Paul Henri Thiry d’Holbach, e persino del razionalismo di Voltaire, autori decisivi per la composizione di molti canti e di molte pagine in prosa, che ci danno la misura della portata rivoluzionaria del suo pensiero, certo poco in sintonia con le povere elaborazioni degli intellettuali italiani dell’epoca, ma aperto alle grandi intuizioni del cosiddetto “pensiero negativo” da Shopenauer a Nietzsche.

 

Queste omissioni diventano anche un po’ sospette, a fronte delle facili allusioni (solo attraverso le immagini, per fortuna) ai canti più conosciuti: l’artigiano che apre la sua officina; la tessitrice (un po’ troppo in carne) che abita davanti a casa sua e che morirà giovane, consunta dalla tisi, la vecchietta che parla verso sera con le vicine, il mazzolino di viole, la gallinella che ripete probabilmente il suo verso, per tacere di quella siepe che dovendo celare gli ultimi orizzonti è circondata da un po’ di nebbiolina, o di qualche luna che illumina la notte, insieme alla notturna lampa.

 

Una ripassatina, dunque, dei versi che più facilmente si tengono a mente, oltre al bellissimo finale di Aspasia, alla bella lettura di qualche verso della Ginestra  e persino di Consalvo, accuratamente evitando di rammentare, però, che “è funesto a chi nasce il dì natale”, cioè  che il solo fatto di nascere ci porterà, fatalmente, alla morte (funus) verso sconvolgente, frutto non del pessimismo, parola vuota, ma del coraggioso realismo di chi è capace di guardare le cose come stanno senza mistificarle.

 

 

 

 

Ne deduco che le scelte di Martone hanno privilegiato gli aspetti leopardiani che - volente o nolente il regista - possono ricondurre alla sola spiegazione, ultra facile e ultra vecchia, che le sciagure del poeta sono sufficienti a spiegarne la visione del mondo, luogo comune caro a chi preferisce sapere che voleva scappare di casa, mangiare i gelati e frequentare i postriboli...

 

Non avrei voluto recensire questo film, poiché dissentendo fortemente dai suoi contenuti, mi sembrava ingiusto polemizzare, sia perché un film su Leopardi è un grosso rischio in sé,  sia per l’impegno profuso da tutti coloro che vi si erano dedicati, dal regista, agli attori, fino all’ultimo addetto.

 

___________

Romano Luperini ha dedicato a questo film e ai suoi limiti un articolo, che ritengo uno dei più interessanti e pertinenti fra quanti sono sul Web ed è ulteriormente intervenuto precisando il significato del suo scritto sul rapporto fra poesia e  biografia con un rapido excursus, che esamina alcune riflessioni in proposito di scrittori e studiosi contemporanei.

 

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