Regia di Mario Martone vedi scheda film
si parla di un giovane, primogenito di nobili natali, che passerà alla storia umana per essere un dei massimi poeti italiani e oltre confini. non so nulla di leopardi, non ho mai letto una sua poesia, ma questo film mi è piaciuto. non so forse mi ha fatto venire voglia di leggere qualcosa del buon giacomo, ma forse no. martone ci parla di un ragazzo che cresce storto, con la gobba e con innumerevoli acciacchi che nonostante tutto come dice in una felice battuta, crescono in un fisico così gracile che non riescono nemmeno ad ammazzarlo. l'urgenza di questo giovane favoloso è quella di scrivere tutto ciò che la sua mente crea in continuazione ma anche quella di amare ed essere amato, nonostante l'amore proprio non lo consideri. ma anche quella di uscire dall'abbraccio amorevole ma soffocante del padre e della famiglia, che lo hanno formato, ma che lo trattenevano prigioniero di quell'ermo colle che tanto gli fu caro e che tanto desiderò lasciare per conoscere quello che all'epoca era il mondo. un italia divisa in regni che si stava tentanto di liberare dal giogo del potere della chiesa e dei signori. non si fanno minimamente sentire i 137 minuti di durata, scorrono senza difficoltà attaccati a questo giovane che sempre più curvo e infermo sul suo bastone vaga per le strade cenciose di napoli di quell'antico non tirato a lucido come direbbe la delia di parigi a cara. si può dire di tutto del giovane favoloso, anche quando oramai lo si considera una promessa mancata, ma non si parli male dei suoi malanni, dei suoi acciacchi. acciacchi per cui ha anche maledetto la natura e che in una bella scena onirica viene identificata come una enorme statua di terra con le fattezze della madre del giovane. una madre tiranna che non s'avvederebbe un granchè se dall'oggi al domani le persone dovessero sparire per colpa di un cataclisma o di una epidemia. guardare a..., vedere, osservare, perdersi nelle strade di napoli a parlare con le persone vere. osservare di soppiatto un corpo sano e ben fatto come quello dell'amico antonio impenitente donnaiolo. assistere tra l'incantato e l'impaurito ad una esplosione del vesuvio come ennesima manifestazione di una natura matrigna che tanto concede, ma giustamente di tanto in tanto ci ricorda di quanto siamo piccoli al suo cospetto. un film che parlando di giacomo leopardi si gusterebbe sicuramente di più conoscendo l'oggetto della discussione, ma che esiste e ha senso anche per un ignorante come me.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta