Regia di Mario Martone vedi scheda film
"Sempre caro mi fu quest'ermo colle", e lo sguardo di Giacomo Taldegardo Leopardi fissa un punto fuori dall'inquadratura. E mentre recita la poesia che più di tutte ha svelato l'arcano disvelarsi dell'immensità, Martone non ricerca l’immensità stessa ma lo sguardo del poeta, leggenda letteraria ricondotta finalmente a una dimensione umana e concreta, fatta di un corpo tormentato, di un intelletto malinconico e di un comportamento sempre alla ricerca di una libertà che prima la società e poi la natura umana andranno negandogli (pur nella graduale scoperta delle relazioni umane).
Il giovane favoloso (2014): Elio Germano
Il giovane favoloso è una lucida e attenta ricapitolazione del mondo poetico di Giacomo Leopardi, che è anche un mondo socialmente e politicamente contestualizzato e non astratto e disperato come molti interpreti della sua poesia hanno assurdamente concepito in anni di letture e di aspetti sempre dati per giusti e corretti. Martone manifesta apertamente grande interesse a sventare ciò che è stato erroneamente ricostruito dai critici di tutto il mondo nella storia, per quanto riguarda la personalità di Leopardi (l'ossessione per il "pessimismo", che diventa nel film assurda etichetta; l'accostamento disperazione-malattie del corpo; l'immagine del topo da biblioteca), un uomo intellettualmente curioso, quando vuole testardo, una spanna sopra agli altri nel capire la profondità delle cose, nonostante l'assenza di loquacità, e sempre interessato a "vedere" ciò che il mondo può offrire, almeno esteticamente, in quanto niente (secondo la poetica leopardiana e secondo Il giovane favoloso, che si adegua anche ad essa) può realmente portare a una vera condizione di progresso. L'io del poeta e dell'uomo è sempre preso in causa, nel terzo film italiano in concorso a Venezia 71, e si inserisce perfettamente nello scenario tematico e stilistico di quella che è la poesia del Leopardi stesso: un uomo che elabora una rivoluzione intellettuale e del pensiero, che getta i semi della discontinuità nella concezione dell'arte e della cultura (improvvisamente non più cattolica), che finalmente demolisce la costruzione antropocentrica positivista che credeva nel progresso nel XIX secolo, e che riporta l'uomo alla sua dimensione più giusta, quella di piccolo granello di sabbia all'interno del caos meccanicistico dell'universo.
Il giovane favoloso (2014): Elio Germano
Questo a Martone interessa molto. L'approccio del regista napoletano non vuole essere l'arido biopic che in molti vedranno (e hanno già visto) nel suo Giovane favoloso. Martone entra nel mondo di Leopardi senza luoghi comuni né stereotipi, lo rende umano e non più figurina di un libro di testo, e lo restituisce al limbo dei grandi con lo spessore umano che gli spetta, e che nella sua opera poetica si rende spessissimo evidente. Non solo infatti Martone contempla sempre partecipe ma prudente i movimenti di vita del poeta, da Recanati a Firenze, passando per Roma, fino a Napoli e al mitico Vesuvio de La ginestra, ma spesso penetra anche nelle sue poesie e nelle sue prose, alcune particolarmente conosciute (L'infinito), altre meno, azzeccando le scelte musicali (che spaziano dall'antico al moderno) e adottando uno sguardo improvvisamente altro, quasi sovrumano, che è lo sguardo di Leopardi, stando attento alla genesi delle opere e a che cosa queste si riferiscano nel profondo. Così la sequenza del Dialogo della Natura e di un Islandese, così quella finale de La ginestra, con un occhio registico che rivela anche di volere e di sapere rischiare, creando immagini splendide e mai banali.
Il giovane favoloso (2014): Michele Riondino, Elio Germano
Dell’uomo Leopardi scopriamo (se non si sono lette le sue opere) la fervida ironia (irresistibile il confronto con il signorotto che è poi la genesi del Dialogo di Tristano e di un amico), la grande curiosità (la passeggiata per Napoli) e l’insofferenza nei confronti di un mondo che riesce a vivere e a scordarsi momentaneamente della “malinconia dell’esistere”, riuscendo a sorridere senza necessariamente arrivare al sarcasmo (arma letteraria che rivela anche la profondissima acidità del pensiero leopardiano). E se questo non bastasse a colui che ritiene Il giovane favoloso una fredda trasposizione superflua dell’opera leopardiana (che non può essere di per sé superflua, visto come oggi è conosciuto [schematicamente] il poeta), si domandi a che livello si riveli interessante l’attualizzazione di simile autore nel mondo di oggi, che nel progresso crede ancora più di prima. E forse si renderà conto che Il giovane favoloso aspira e riesce a creare immagini e immaginazione, a evitare i luoghi comuni e a trasmettere ciò che di più profondo c’era nella personalità artistica di Giacomo Leopardi: la volontà di affrontare, a denti stretti e con “sentimento dell’indifferenza”, un mondo che regna(va) nell’incomprensione.
Il giovane favoloso (2014): Elio Germano
Bravissimi tutti gli interpreti, Elio Germano ottimo nell’incarnare dolori e sconfitte (senza crogiolarsi nel vittimismo, ma calibrando le carenze fisiche con la distinzione intellettuale del suo personaggio), e abili tutti i comprimari a raccontare il carattere fondamentale dell’opera di Leopardi: riscoprire il ruolo del dubbio, perso in anni di Storia e di presunzione umana. Un cinema classico e umile, quello del Giovane favoloso, come non se ne vede più.
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ma ricorda che è un film su Leopardi....
Non sulla poetica di Leopardi...
Per nulla didattico come qualcuno lo vuol invece promuovere...
Elio Germano un pochino fuori luogo... specie nella prima parte del film...
Rende meglio nella 2a... troppo gaio l'attore per un ruolo così "malinconico e pessimistico"... ho fatto fatica ad inquadrarlo...
almeno quanta ne ha fatta l'attore nel restituire quella del più grande poeta italiano...
Un film sulla vera poetica del Leopardi finirà per parlare della sua vita e viceversa: sia la vita che l'opera erano a servizio l'una dell'altra, quindi immagino che il lavoro di Martone sia riuscito notevolmente in questo intento. Non credo sia un film didattico, e credo che Elio Germano abbia fatto un lavoro notevole: il personaggio di Leopardi viene fatto uscire dalla sua maschera più nota (e pregiudiziosa): quella del personaggio malinconico e pessimistico. Queste sono etichette, mentre Leopardi era un essere umano. Grazie del passaggio, un saluto!
beh... io Leopardi... a scuola... lo studiai per sei mesi... e con un eccellente prof che lo adorava...
lo avrei visto più nel volto di Santamaria... claudio Santamaria, magari un po' di trucco per imbruttirlo, opp quel "Imbruglia", quello di "buongiorno notte" e "i 100 passi" insieme a Lo Cascio - (andrebbe bene anche lui!) non ricordo il nome, forse Matteo Imbruglia?... insomma attori più dolenti e melanconici a prima vista...
Germano è troppo vivace e vispo... non in parte... a prescinder da come si sia comunque preparato... e in sala furono in molti a pensarlo...
comunque... un buon film nel complesso... ma non esaustivo... mi aspettavo di più...
poi... almeno mi ha riportto al cineforum... che nella mia città... è assai raffinato! ;D))
Nel corso di un'intervista-incontro con una scolaresca durante il programma di Concita De Gregorio, Martone afferma di aver voluto restituire il respiro di un secolo negletto e dimenticato come l'800. In questa trascrizione filologica del suo cinema c'è anche il valore irrinunciabile a riscoprire la dimensione umana e credibile dei personaggi, per quanto grandi e (apparentemente) inarrivabili possano essere considerati. Così era per il Caccioppoli di 'Morte di un Matematico Napoletano', così è per questo Leopardi al di fuori degli schemi e dell'esegesi ufficiale. Non ho visto ancora il film, ma il tuo commento ne restituisce un'idea attendibile ed appassionante. Grazie e ciao.
Grazie a te, Maurizio, Martone fa un ottimo lavoro a cavallo fra ricostruzione storica e riscoperta dei valori umani, dando spessore anche "banale" (innamoramenti, difficoltà quotidiane) a un personaggio illustre e "intoccabile". La realtà è che riesce nel suo intento, si stenta a crederlo, ma l'immaginario leopardiano è lì davanti agli occhi, per nulla abbassato ma mostrato alla sua giusta altezza. E non ci sono né errori grossolani né immaturità, solo il piacere dell'arte e le disgrazie degli esseri umani.
Concordo con tutto, soprattutto nell'attualizzazione del suo pensiero. Film a mio parere riuscito in pieno seppur con qualche vuoto nella sceneggiatura.
L'IMPRESSIONE CHE SI SIA VOLUTO, CON QUESTA PELLICOLA, SFODERARE A TUTTI I COSTI IL CAPOLAVORO C'E'..COME LO E', PER ESEMPIO, L'AMADEUS DI MILOS FORMAN, TANTO PER CITARE UN FILM NON TROPPO DISSIMILE DA QUESTO NEI TEMI E NELLO STILE..TUTTAVIA, PER ME, DI CAPOLAVORO NON SI TRATTA..RESTA NONDIMENO, SENZA DUBBIO ALCUNO, UN'OPERA NOTEVOLE, DI PARTICOLARE IMPORTANZA..FORSE LA MIGLIORE REALIZZATA DA MARTONE.. "Il vero è nel dubbio. Chi dubita sa e sa più che si possa"
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