Regia di David Ayer vedi scheda film
Uomini in guerra, nell'abitacolo di un carro armato, nella Germania sull'orlo del crollo, nel 1945, ma come una belva ferita, l'esercito tedesco è ancora pericolosissimo: un novellino da dattilografo si ritrova a dover fare il mitragliere sul "Fury", modello di non nuova generazione, comandato dal duro sergente "War Daddy" e dalla sua squadra compatta e scafata. Uscito vari mesi dopo la sua uscita americana, per problemi della distribuzione, arriva alla vigilia dell'Estate "questo film bellico, che in patria ha raggiunto la somma di 85 milioni di dollari, giungendo a un totale di 210, con gli introiti internazionali: la guerra non è più uno scontro tra buoni e cattivi, come già Aldrich, Fuller e altri ammonivano già diversi anni fa, ma più e meno umani, al di là delle divise indossate . Strutturato su tre scontri, che naturalmente comportano atti di violenza e sopravvivenza forti, il film mostra le brutture e la pressione che subisce anche chi sta vincendo una guerra, perchè ciò che si è visto, e fatto, segna a fondo: David S. Ayer, finora più volenteroso che bravo, gira uno "war movie" solido, con qualche limite in verosimiglianza ( soprattutto verso il finale), e rende alquanto bene la tensione dei soldati impegnati a dare la caccia ai nemici, o a sopravvivere ai momenti più cruenti: la lunga scena dell'incontro con le due tedesche nel villaggio disastrato dai bombardamenti è il punto di svolta narrativo, che carica di maggior emotività il racconto. Tra gli interpreti, curioso che a Brad Pitt, in uno dei ruoli più complessi, fatto di buio e luce, non sia arrivata una nomination, perchè l'avrebbe largamente meritata, meno convincente l'imploso Shia Laboeuf: il furore che dallo schermo si riversa sul pubblico, è merito di una sceneggiatura ben ripartita e dalla densità delle interpretazioni, comunque di buon livello.
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