Regia di David Ayer vedi scheda film
Nell'Aprile del 1945, quando ormai l'esercito del Reich si asserragliava nella roccaforte di una Berlino prossima a capitolare, le truppe alleate si scontrano con la ostinata resistenza di una fanteria pesante che può contare sulla superiorità tecnica e sulla proverbiale affidabilità dei mezzi corazzati della Wehrmacht. Decisi a conquistare un importante crocevia per l'avanzata verso la meta decisiva, un manipolo di irriducibili marines al comando del sergente Don "Wardaddy" Collier (Brad Pitt), sfonderanno le linee nemiche e condurranno il loro carro armato, ribattezzato 'Fury', nella terra di nessuno di uno scontro eroico ed impari, pronti all'estremo sacrificio pur di non arretrare di fronte alle preponderanti forze nemiche.
Giocato sulla classica retorica di un eorismo a stelle e strisce deciso a non far prigionieri e precipitato in uno degli episodi conclusivi dell'ultimo conflitto mondiale, questo war movie frastornante e compatto (almeno come i carri armati che ne sono gli implacabili protagonisti e meccanici dispensatori di morte: in un senso o nell'altro) richiama alla mente il classico archetipo spielberghiano del post D-Day ('Salvate il soldato Ryan' - 1998) tanto nel brutale realismo delle scene di guerra (ricostruite con una dovizia filologica che anche gli storici più esperti potranno ammirare), quanto nelle contraddizioni etiche insite nell'orrore di un conflitto che reclama un debito di sangue quale inevitabile tributo alla speranza di una sopravvivenza personale ed allo scopo più alto del prevalere di un interesse collettivo.
Se è vero che il cameratismo da blindato cingolato arruola il 'melting pot' di un assortimento multirazziale ed interconfessionale come nella migliore tradizione di un grande paese in trasferta bellica (manca il 'nero' ma ce ne facciamo un ragione), il 'leitmotiv' di questa retorica marziale sembra essere quello di preservare la propria umanità attraverso l'impietoso rigore che ti fa uccidere un bambino in quanto nemico di guerra e salvare dallo stupro una giovane ariana in quanto ospite innocente, separando così il destino terreno di uomini pronti al massacro come all'estremo sacrificio personale da quello celeste riservato alle anime belle che si limitano a recitare i salmi in tempo di pace. Se fosse stato più giusto portare alle estreme conseguenze la logica di questa forzosa disumanità non è dato sapere, anche e soprattutto perchè l'autore si limita a polarizzare l'attenzione sul buonismo mainstream di una leadership che insegna il male (necessario) di una uccisione a sangue freddo come il bene (opzionale) di una concessione alle tenerezze giovanili, pronto a chiedere il sacrificio dei suoi uomini solo dopo aver concesso il proprio e finalmente condiscendente verso l'inevitabile vigliaccheria di una giovane vita che assumerà su di sè gli onori e la gloria di un inevitabile eroismo.
Cosè già viste insomma ed insieme, nella impeccabile confezione di una produzione da 80 milioni di dollari, una attendibile ricostruzione delle scene di guerra (dalla messa in salvaguardia di soldati dispersi sul campo alla perizia tecnica nella neutralizzazione delle forze anticarro, dallo scontro ravvicinato di mostri meccanici in moto circolare alla rigida divisione dei compiti all'interno di un fortino cingolato semovente), il montaggio serrato di un action movie senza tempi morti e l'araldica western di soldati (tedeschi) a cavallo, decorazioni della Wehrmacht quali scalpi da conquistare e l'epica resistenza di una Fort Alamo racchiusa nei pochi metri quadrati di uno 'Sherman' battente bandiera americana.
Miglior cast al National Board of Review of Motion Pictures 2014 per un film che ha avuto una tormentata distribuzione nostrana (fallimento della Moviemax) con l'uscita prevista solo per il Giugno di quest'anno grazie alla Lucky Red Distribuzione. Per chi crede che l'interno di un carro armato sia uno spazio troppo angusto per farci un film.
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