Regia di David Ayer vedi scheda film
"Fury" è un opera stupenda. E ve lo dice uno che tende spesso ad annoiarsi di fronte ai war movie. Quando a metà pellicola mi sono accorto che non riuscivo a staccare gli occhi dallo schermo ho capito che questo film aveva qualcosa di inedito, uno sguardo diverso su una tematica ormai abusata ma che ha ancora qualche colpo da sparare.
Il Fury è il famigerato carrarmatino coraggioso che tutti abbiamo posseduto almeno una volta durante una partita a Risiko. È l'ultima armata che rimane a presiedere un territorio assediato da più fronti, ormai capace solo di difendersi ma che resiste inaspettatamente a svariati attacchi da tre dadi contro uno e fa imbestialire gli avversari. E non puoi fare a meno di affezionarti a lui nonostante si sappia che ogni dado che lanci possa essere ultimo. E quando alla fine devi rimuoverlo dal tabellone non te la senti di gettarlo nel mucchietto insieme alle altri, ma lo tieni vicino a te per onorarlo, esposto su un piedistallo per consacrane le eroiche gesta.
Ma Fury non è solo un carrarmato coraggioso che combatte oltre le sue possibilità. È anche un osservatore indifferente che attraversa i più variegati scenari di guerra, da quelli spesso raccapriccianti a quelli improvvisamente leggeri, permanentemente drammatici o fugacemente felici (più effimeri del formato 16:9 di "Mommy"). Ci vuole fortuna e strategia per sopravvivere alla guerra (perché è questo l'unico obiettivo del Fury, sopravvivere), e di strategia il Fury ne ha da vendere. Purtroppo basta una mina fuori programma a cambiare le sorti del battaglione capitanato dall'apparentemente impavido Don “Wardaddy” Collier (Brad Pitt) che verso il finale del film potrà comunque sincerarsi di aver fatto del suo meglio.
David Ayer, regista ma anche sceneggiatore, non ha potuto rinunciare tuttavia ad una nutrita serie di cliché caratteristici dei war movie o degli Hollywood movie in generale (per esempio il sergente Collier cede al panico solo dopo che si è assicurato di non essere osservato da nessuno, oppure l’epico momento della presa di coscienza in cui tutti i soldati risalgono uno ad uno sul Fury mentre l’istinto gli suggeriva di fuggire e abbandonare il carrarmato, e voi così…) che potrebbero scalfire questa tanto osannata “originalità dello sguardo”. Eppure, anche quando la mano del produttore si fa pesante, la regia trova sempre una soluzione inedita, sorprendete, spettacolare o sbarazzina per affrontarla, per poi passare velocemente a questioni e aspetti ritenuti evidentemente più urgenti: trasmettere l'Idea della guerra, che diventa immancabilmente anche un'idea di mondo. Una quotidianità in cui i soldati sono immersi loro malgrado e a cui, come nelle fasi di elaborazione di un lutto, ad un primo momento di panico e negazione segue la rabbia. La rabbia dichiarata più volte da tutti i personaggi contro il male terreno per eccellenza: i nazisti. Ma la divisone del Fury non combatte i nazisti per qualche nobile ragione patriottica, bensì perché per colpa loro si trova in guerra invece che a casa. E a questa rabbia segue infine l'accettazione della loro condizione, un'abitudinarietà che il film sembra augurarci di non raggiungere mai, dove le morti più improvvise e raccapriccianti smettono di impressionare anche il giovane ed emotivo Norman Ellison (Logan Lerman).
"Fury" è un film che a causa del marketing scadente rischia di, ma non dovrebbe assolutamente, passare inosservato. Similmente a "Ingloriuos Basterds" (con cui comunque non condivide altro che l'ambientazione, Brad Pitt e quanto segue) si prende tutto il tempo che gli serve per raccontare e sviscerare le diverse situazioni, dai lunghi e tesi dialoghi attorno alla tavola da pranzo ai momenti puramente visivi e concitati di strategia militare magnificamente orchestrata.
Curiosità che evidenzia ulteriormente l’originalità inventiva di Ayer: i combattimenti a fuoco sono degni del miglior “Guerre Stellari”, con raffiche di mitre alla stregua di pistole laser (con tanto di assegnazione cromatica differenziata tra buoni e cattivi).
Un film assolutamente da non perdere.
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