Regia di David Ayer vedi scheda film
Uno dei film più attesi, a quanto pare, del prossimo anno cinematografico è questo "Fury" di David Ayer, uno che non è certamente Spielberg, anche se se la cava dignitosamente. "Fury" è il classico "war movie", ambientato nella Germania morente dell'aprile del 1945. Gli americani avanzano su Berlino, città dopo città, e la devastazione è ovunque. Ayer concentra l'attenzione sul tank, nomato "Fury", di Dan "Wardaddy" Collier, un Brad Pitt misurato e in parte, a capo di un manipolo di carristi, che vantano fra le proprie fila anche Shia LaBeouf, citazionista biblico e baffi alla Super Mario, e Jon "The Walking Dead" Bernthal, uomo del sud, deliziosamente sopra le righe. La guerra dal punto di vista dei tank, la ricordo nel bel "Lebanon", dell'israeliano Samuel Maoz, claustrofobico e molto riuscito. Qui, Ayer, ha molti più mezzi economici e sfiora il kolossal, con i suoi 135 minuti di durata. Era facile, non essendo un grande regista, fallire completamente l'obiettivo e invece, escludendo gli ultimi 45 minuti, il film ha un suo passo malinconico e fangoso, poco urlato, e affida all'atmosfera cupa di quei giorni tutto il suo fascino: gli attori si adeguano e anche gli scontri bellici non esagerano in enfasi e paccottiglia. Tutto bene, fino, appunto, agli ultimi quarantacinque minuti circa. Qui, purtroppo, il film s'appiattisce su un cliché già visto altre volte, scivola in un "action movie" piuttosto improbabile e non aggiungo altro per non scivolare pur'anche nello "spoiler". Attenzione, "Fury" è solido e credibile, la guerra la mostra in tutta la sua brutalità ed è un prodotto sicuramente interessante, ma David Ayer è americano e la guerra l'hanno vinta loro, o quasi, quindi sappiamo tutti cosa aspettarci, alla fin fine. A conti fatti, un bel film, che non cerca di essere nient'altro che se stesso, ovvero un film di guerra.
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