Regia di William Brent Bell vedi scheda film
Ennesimo film sulla licantropia ma che riesce a garantire un buon intrattenimento, nonostante le necessarie metamorfosi cedano il passo ad una più corposa, sentita e realistica immedesimazione del protagonista. Pochi, ma di altissima qualità, i momenti splatter.
Una famiglia americana composta da marito, moglie e figlio, durante un viaggio attraverso la Francia, viene "letteralmente" massacrata. Prima di morire, la donna accusa Talan Gwynek (Brian Scott O'Connor) uomo residente vicino al luogo dell'aggressione, alto oltre due metri e affetto da una rara patologia -la porfiria- che ne determina un aspetto animalesco, dovuto alla sovrabbondanza di pelo sul viso. La giovane avvocatessa Kate (A. J. Cook), nominata difensore d'ufficio di Talan, con il supporto di un perito legale giunge alla conclusione che -date le ferite riscontrate sui corpi delle vittime- il plurimo omicidio sia da attribuire ad una feroce bestia, non meglio identificata.
Tra gli ultimi titoli distribuiti dalla Moviemax prima del fallimento, questo curioso Wer ibrida il tipo di cinema minimalista -tipico del POV (point of view)- con una cura particolarmente riposta sul versante degli effetti speciali. William Brent Bell, cineasta con già all'attivo due horror (Stay alive e l'esorcistico L'altra faccia del Diavolo) e poi firmatario del più recente The boy, dimostra (e conferma) certo talento nel gestire le riprese -piuttosto concitate e realizzate con macchine a mano- compiute in Romania, nazione che può offrire buone maestranze locali a costi contenuti, pertanto ultimamente molto sfruttata dalle produzioni cinematografiche. Scendendo in dettaglio sulla struttura del film, altrettanto positivo può essere definito il risultato perché sin dalle prime battute Wer sa farsi apprezzare, raggiungendo picchi di massima attrazione nella parte centrale, caratterizzata da una valanga di efficacissimi effetti splatter, ingrediente fondamentale del titolo, già preannunciato dalla inquietante messa in scena delle autopsie condotte sui cadaveri della famiglia devastata nell'incipit.
Tentare oggi di dire qualcosa di nuovo sul tema della licantropia non è affatto semplice, dato l'inevitabile paragone costituito dal raffronto con alcuni titoli essenziali, e perfetti, tipo Un lupo mannaro americano a Londra o L'ululato. Eppure questo Wer riesce nelle non facili intenzioni di apparire originale e, soprattutto, può soddisfare quella sana voglia di semplice intrattenimento, garantito dal ritmo frenetico e dalla ripugnante (e perciò attraente) naturale fisionomia del gigante Brian Scott O'Connor, attore di razza in grado di conferire -tramite posture e sguardi allucinati- una certa angoscia quando la Luna piena, sola fonte di luce nel cielo notturno, preannuncia essere prossima la trasformazione dell'uomo in bestia. Trasformazione che qui, caso unico più che raro nel sottogenere a base di "lupi mannari", è tutta giocata sulla prestazione fisica (forza, velocità e movenze). E proprio in virtù di modiche, quasi impercettibili, applicazioni protesiche, questo licantropo raggiunge il quasi impossibile risultato di apparire come qualcosa di mai visto prima...
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