Regia di Thierry Poiraud, Benjamin Rocher vedi scheda film
Zombie, ancora e sempre zombie, in tutte le salse, anche satireggianti (vedi anche il cult L’alba dei morti dementi). Benjamin Rocher aveva già dimostrato di saperci fare con The horde e riprova la carta zombie, forte di una ricchezza caratteriale che rende Goal of the dead estremamente estroverso.
L’intrattenimento è ampiamente garantito, soprattutto sotto il punto di vista dell’umorismo dissacrante, ma il resto pare giostrato prevalentemente per assicurarsi questo risultato.
A Caplongue, una piccola località sperduta nel nord est della Francia, tutti i tifosi della squadra di calcio locale sono in subbuglio per la partita della vita. Infatti, la loro squadra sta per affrontare i campioni del Paris Olympic, in una sfida che vede tornare nella sua terra un campione sul viale del tramonto.
Quella che dovrebbe essere solo una partita di calcio, anche se dai toni molto accesi, prende una brutta piega quando incomincia un’epidemia che trasforma i calciatori, e poi il pubblico, in creature con l’unico desiderio di uccidere chiunque trovino dinnanzi a loro.
Goal of the dead propone un cinema gustosamente screanzato. In questo modo, quasi ogni scena diventa luogo ideale per produrre un campionario di assurdità a ogni livello, generando prima di tutto situazioni esilaranti, accompagnate da abbondante spargimento di sangue, con tanto di una vivace allegoria sulle superficialità umane.
Ma, giustamente, Benjamin Rocher e Thierry Poiraud non si accontentano del risultato facile e si prendono a cura la creazione di una cospicua quantità di dicotomie: tra la provincia e la capitale, tra uomini di successo e comuni mortali, tra amatori e professionisti e poi anche tra padri e figli.
Così facendo, sono garantite tutte le basi per creare un film completo, purtroppo i problemi di Goal of the dead risiedono altrove.
Tanto per cominciare, non è solo ricolmo di iperboli, ma anche di ellissi piuttosto gratuite, inoltre è farraginoso nei collegamenti anche nella pura consecutio in chiave action, il finale è estremamente debole e, nel complesso, per la sua natura e il suo trend, è decisamente di una lunghezza esorbitante e tutt’altro che necessaria.
Detto questo, sicuramente non gli manca il coraggio di osare, è abile ad articolare la nomea degli hooligans e genera tanti siparietti di sicuro effetto, ma non è detto che sia poi così semplice soprassedere sulle sue lacune.
Da un’idea brillante, nasce uno sviluppo divertente ma privo del senso della misura.
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