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Love & Mercy

Regia di Bill Pohlad vedi scheda film

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La recensione su Love & Mercy

di mm40
5 stelle

1966: Brian Wilson compone praticamente da solo l'album Pet sounds; i Beach boys diventano una sua creatura. Il disco è un riconosciuto capolavoro, ma gli altri membri della band si sentono messi in disparte. Comincia, complici le droghe, un periodo difficile per Brian. Vent'anni dopo circa lo ritroviamo in balia di un medico-tutore legale, Gene Landy, che non gli permette più alcun contatto con parenti e amici. E' l'amore per una donna a tirarlo fuori da quella situazione.

 

Due linee parallele, due spaccati della vita di uno dei massimi musicisti pop del Novecento, Brian Wilson dei Beach boys: la creazione di Pet sounds, ovverosia l'apice della carriera della band, e l'incontro con la seconda moglie Melinda Ledbetter. Il primo episodio rappresenta la fine di un'epoca, lo sforzo più grande - e il più noto e acclamato - compiuto da Wilson e la successiva, inevitabile crisi; il secondo è la rinascita alla fine di quello stesso tunnel depressivo imboccato nel periodo post-Pet sounds. L'amore è al centro di tutte e due le storie: quello cantato e quello vissuto, molto differenti fra loro e perennemente in bilico fra finzione e realtà; la realtà da cui Brian Wilson pare allontanarsi sempre di più, per rifugiarsi in un mondo interiore alla ricerca di una misericordia che quello esteriore non sembra volergli accordare in alcun modo. Ecco perchè il titolo Love & Mercy e lo sdoppiamento su due binari narrativi portati avanti l'uno a fianco dell'altro per raccontare la storia del bassista dei Beach boys, qui interpretato da due attori fisicamente molto distanti fra loro, Paul Dano e John Cusack. Meglio il primo e non solo per la somiglianza maggiore; anche Cusack se la cava naturalmente bene, così come rimangono impresse le performance di Elizabeth Banks (Melinda) e Paul Giamatti (Landy). Due ore di durata che scorrono rapidamente con una sceneggiatura ben ritmata scritta da Oren Moverman e Michael A. Lerner; chiaramente non possono mancare qua e là drammatizzazioni eccessive e momenti più romanzati del dovuto, ma nel complesso la trama è efficace e attendibile a buoni livelli. Bill Pohlad è più celebre come produttore e si trova qui alla seconda regia, a quasi un quarto di secolo da Old explorers (1990). 5,5/10.

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