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Love & Mercy

Regia di Bill Pohlad vedi scheda film

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La recensione su Love & Mercy

di barabbovich
3 stelle

Com'è possibile che il surf, la musica balneare spensierata degli allegri anni '60, o che canzoni come Good vibrations, California girls e Barbara Ann siano state partorite da una mente così disturbata come quella di Brian Wilson? Eppure è stato possibile. Prova a raccontarcelo, in forma di romanzatissimo polpettone, il film d'esordio dell'ex produttore Bill Pohlad, uno dei peggiori biopic sui divi del rock mai visti al cinema. Proposto come fondo di magazzino nella settimana del cinema a 3 euro (il film risale al 2014), Love & mercy, infatti, si concentra quasi esclusivamente sull'aspetto psichiatrico del protagonista, trascurandone quasi del tutto il genio musicale, con la sola eccezione di qualche seduta in sala di registrazione (notevole, va riconosciuto, quella che ricostruisce la genesi di Good vibrations). Affidato a due diversi interpreti per rappresentare due epoche del suo tormentato tragitto esistenziale (un ingrassatissimo Paul Dano per gli anni '60, quelli del successo planetario, e John Cusack per gli anni '80, quelli della continua osservazione psichiatrica e farmacologica e del ritiro dalle scene), il personaggio di Brian Wilson non è meno caricaturale di tutte le altre figure di contorno: dal padre tiranno e parassita al tutore luciferino che avrebbe dovuto controllarne i problemi psichici (tutta sopra le righe l'interpretazione di un pessimo Paul Giamatti), fino alla fatina che vende auto, destinata a diventare colei che salverà l'esistenza di Brian Wilson (Banks), peraltro piegata anche dai difficili rapporti con gli altri familiari. Puntando soltanto sullo "scandalo" della malattia psichiatrica, il film - una brutta copia del già ambiziosissimo Io non sono qui - caracolla in continuazione tra le due epoche, facendo del suo protagonista una nullità manipolabile dal primo che passa e trascurando quasi del tutto sia il contesto storico che le specificità del genio musicale.

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