Regia di Rob Marshall vedi scheda film
Boschi, lupi, streghe, incantesimi: INTO THE WOODS, musical di quel gran furbone di Rob Marshall che da tempo non rinuncia alle facili suggestioni canterine, visti anche i consensi ed i premi (fin eccessivi, Chicago e i suoi Oscar in testa!) fino ad ora ottenuti, si appropria dell'omonimo musical che dal 1987 furoreggia sui palchi di Broadway, e dà vita a quello che, almeno sulla carta e nelle intenzioni, è il paradiso dei più piccini e l'incanto e la nostalgia dei tempi che furono per i grandi che li accompagnano, o semplicemente amano rituffarsi nelle atmosfere fantasiose e cupamente accattivanti dei racconti dell'infanzia che fu.
Peccato tuttavia che questo sapiente e calcolato frullato di favole, che vede coinvolti capisaldi della letteratura per bambini come Cappuccetto Rosso, Cenerentola, Raperonzolo e Jack e il fagiolo magico, nel mescolarsi e frammentarsi perda il fascino di ogni singola storia e dia l'impressione di essere un'amalgama dove i sapori accattivanti presi singolarmente finiscano per risultare neutri o artificiosi in un insieme che appare forzato o troppo costruito.
La versione originale sottotitolata, apparsa da circa due settimane in territorio francese (ma solo in poche copie), ha il merito, se non altro, di farci ritrovare la voce seducente di Maryl Streep, qui nel ruolo della madre-strega di Rapunzel, che finisce per rappresentare uno dei pochi veri punti di attrazione di una pellicola che si perde in vedute anche affascinanti del bosco e del suo mondo più o meno sommerso, con la magia buona e cattiva che lo popola al suo interno; ma dopo esserci persi nella fitta impenetrabile boscaglia della Terra di Mezzo tolkeniana, non c'é altra foresta che riesca ad intimidirci né tanto meno a stregarci come quest'ultima.
Particina risibile ma molto strombazzata per il divo Johnny Deep, manierato e mellifluo come e fin più del solito, impegnato a disegnare un lupo cattivo che finisce per ricalcare le decine di personaggi interpretati dal celebre attore nell'ultimo ventennio, Burton o non Burton, ma sempre sotto lo stesso irritante cliché ormai troppo scontato.
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