Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
A distanza di diciassette anni dallo splendido Nirvana, Gabriele Salvatores torna, e ne era l'ora, al genere fantastico, genere che sembra non amare troppo (dato lo scarso numero di film appartententi al settore dallo stesso girati) ma in cui riesce a eccellere come pochi altri nella nostra penisola. Se con Nirvana il regista napoletano era riuscito ad anticipare nientemeno che Matrix, con Il Ragazzo Invisibile, costato 8 milioni di euro (nulla se comparato ai film di Hollywood), viene introdotto il primo super eroe italiano del nuovo secolo in anticipo su Lo Chiamavano Jeeg Robot.
Film solido, divertente e coinvolgente, adatto a grandi e piccini, che fa forza su un cast di attori in palla e su una sceneggiatura non troppo originale eppure funzionale alla causa. Il trio Alessandro Fabbri (scrittore vincitore del Campiello), Ludovica Rampoldi (che ricordo per l'ottimo La Ragazza del Lago) e Stefano Sardo (da ricordare per i copioni della serie Il Tredicesimo Apostolo) intessono un soggetto che ha una retro struttura poliziesca, con una storia di rapimenti di minori e indagini della polizia (neppur tanto sviluppate) che è un pretesto per dare il là a un canovaccio centrale fortemente ispirato al romanzo L'incendiaria (1980) di Stephen King. Dall'opera del maestro del Maine viene mutuata l'idea di un gruppo di ricercatori che studiano soggetti dotati di poteri paranormali a fini militari. A riguardo Salvatores utilizza da maestro lo strumento dei flashback, così da garantire sempre la fluidità dello schema narrativo. Se nel romanzo la causa scatenante dei poteri è un particolare allucinogeno iniettato nelle vene delle cavie, qua responsabile dello stravolgimento sono le radiazioni nucleari (cosa che sarà ripresa da Lo Chiamavano Jeeg Robot). Una differenza che non cambia la scheletratura di fondo del romanzo, se non nel fatto che il protagonista (di origine russa), che vive in incognito in Italia sotto falso nome, non è ancora costretto a fuggire semplicemente perché adottato da una poliziotta (Valeria Golino) che ne ha falsificato i documenti. Come nel celebre romanzo di King, il ragazzo (un tredicenne, interpretato dal bravo Ludovico Girardello) è il frutto dell'unione di due cavie dotate di poteri fuori dal comune. Una "genealogia" che gli ha garantito una mutazione genetica capace di permettergli di sviluppare poteri telecinetici e soprattutto quello di sparire nel nulla. Allo stesso modo della piccola Charlie McGee, il piccolo Michele Silenzi, che ha passioni e interessi comuni a tutti i ragazzi della sua età (ivi compreso una sorta di prematura attrazione per la ragazzina più carina della classe, la giovane Noa Zatta), dovrà imparare a gestire e a indirizzare i propri poteri per salvarsi dall'organizzazione paramilitare russa che vorrebbe sequestrarlo per ricondurlo in patria. A tal fine gustosissimo l'inserimento del sommergibile attraccato in porto, una soluzione da revival anni '80.
Molti i debiti con l'opera di King dunque, non da ultimo la capacità del padre del ragazzino di cancellare i ricordi delle persone, ma anche le sofferenze che i super dotati subiscono poco dopo aver esercitato i poteri (tipo emicranie o emorragie).
King non è l'unico saccheggiato dal momento che gli sceneggiatori costruiscono un nuovo puzzle attiggendo a destra e a sinistra. Si pensi alle scene con Girardello che si guarda allo specchio senza riuscire a vedersi oppure va in giro per la città avvolto da sciarpe e con berretto in testa o ancora completamente nudo per passare inosservato. Scene e inquadrature che sembrano ricalcate da L'Uomo senza Ombra (2000) di Paul Verhoeven, così come l'idea di sfruttare il dono dell'invisibilità per andare a vedere da vicino la ragazza dei sogni (a differenza di Kevin Bacon, Girardello è un ragazzo dolce e romantico e non approfitterà del dono se non per vendicarsi su una coppia di bulli, in scene che mi hanno fatto ritornare in mente certi scherzi di Celentano nel film Asso).
Come non notare poi il chiaro rimando a Batman nella scena in cui Stella, la ragazzina per cui Michele ha un debole, direziona verso il cielo un potente faro che disegna nella volta scura una faccina sorridente (il simbolo che Michele ha disegnato sulla sabbia nel suo primo incontro con la ragazzina)? E ancora rimandi persino al film comico Da Grande (1987) con Renato Pozzetto, nella scelta di mettere in relazione Michele con una bambina più piccola (la figlia della domestica, credo), con cui condivide la camera, che è la sola a conoscere il segreto del ragazzo, una specie di fratello maggiore ("tanto io lo so che sei stato te..."), diventato invisibile per la prima volta dopo aver urlato: "Voglio diventare invisibile!" (nel film di Pozzetto si assiste invece alla trasformazione da bimbo ad adulto dopo che il bimbo ha chiesto di voler diventare grande). Un'altra relazione tra questi due film è il legame che il personaggio ha con la scuola, tra lezioni e dopo scuola, oltre che alla sua improvvisa scomparsa con la famiglia impegnata nella disperata ricerca.
Omaggio infine a Il Tocco del Male (1998) d i Gregory Hoblit col cattivo di turno (ma è davvero un cattivo?) che riesce a prendere possesso delle persone con un semplice tocco, per poi liberarle e cancellare dalla loro memoria l'esperienza vissuta. Quest'ultimo colpo di scena, a mio avviso, non è ben trattato durante l'intera narrazione e sembra buttato lì tanto per spiazzare lo spettatore.
Sebbene non si possa lodare l'opera per la sua originalità si può comunque parlare di un film da esportazione che riesce, insieme a pochi altri, a ricondurre in alto il fantastico italiano. La regia di Salvatores è ottima, così come l'intera confezione (in particolare la fotografia). Sono gradevoli anche le caratterizzazioni, seppur un po' stereotipate, dei ragazzini (con il secchione e il bullo di turno che, a loro modo, alla fine risultano simpatici pure loro). Bravi gli attori, compreso il piccolo Girardello che deve pure recitare completamente nudo (non credo che sia una cosa facile per uno della sua età). Molto bene.
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