Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film
Cos’è, oggi, il cinema di Salvatores? Un cinema manierista. Globale e locale. Che cerca di appropriarsi di generi, format, strategie di marketing e poetiche d’origine internazionale, facendone una questione italiana. Lasciando sottotraccia il ritratto generazionale dei primi film (le tragicommedie nostalgiche, sessantottarde, civili), Salvatores lavora, oggi, al tempo della dittatura del target adolescenziale, sul romanzo di formazione. E non smette di cercare nuove vie per il nostro cinema popolare: lo spaghetti-cyberpunk (Nirvana), il noir (Quo vadis, baby?), il western pulp (Amnesia), il remix di Wes Anderson (Happy Family, un film-cover), la versione nostrana di Life in a Day (Italy in a Day). E via elencando. Il ragazzo invisibile - storia di un ordinario giovane in età prepuberale, ignorato (o vessato) dai pari, che scopre di possedere poteri straordinari - segue con inerzia gli automatismi narrativi, metaforici e etici (quelli derisi dalla Binoche di Sils Maria) del cinecomic americano (da X-Men a Spider-Man), cerca un pubblico di età leggermente minore, sciorina una discreta gamma di effetti speciali, gioca con l’adulto tramite citazioni pop o colte, ma fuori contesto (Ferro 3, Magritte...), esalta Trieste come film commission pretende e ci regala un supereroico naïf per bambini dai sei anni in su. Bello? No. Ma il cinema italiano, per provare a essere vivo, deve passare anche da qui.
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