Regia di Morten Tyldum vedi scheda film
Storia del matematico inglese Alan Turing, che cambierà le sorti della seconda guerra mondiale, costruendo un rudimentale mainframe che decodificherà i messaggi in codice dei tedeschi e del loro sistema ENIGMA, contribuendo alla vittoria finale ai danni dei nazisti.
Sviluppata su tre differenti piani temporali (l’infanzia del 1928, la giovinezza tra il 1939 e il 1943 e la maturità del 1951), il biopic sul geniale e introverso Alan Turing viene riportata con grande dovizia, esperendo il piano personale prima ancora che quello professionale. Il racconto del regista Morten Tyldum è farcito d’ironia, specie nella fase iniziale, operazione che rende meno pesante una vicenda che altrimenti sarebbe risultata troppo seriosa ed anche meno interessante di quello che è il risultato finale (anche considerati gli argomenti “esistenziali” di cui narra).
Buone le scenografie ed interessante la costruzione delle vicende, nonostante l’ultima parte del film si concentri più sulla sessualità (tormentata) del protagonista che su tutto il resto: si nota una maggiore pregnanza dell’argomento “libertà sessuale” rispetto all’approfondimento di aspetti importanti come la denuncia di certi stupidi rituali guerreschi (rappresentati dall’autoritarismo col paraocchi del comandante Denniston) o dei complicati processi psicosociali e comportamentali, appena accennati con la storia dei piselli e delle carote nel piatto, di un cervello così straordinario. Non che il film dovesse snobbare la componente sessuale della vita del protagonista, componente determinante, che per di più comportò grandi difficoltà ed avversità, specie negli ultimi anni della vita di Turing, ma da qui a farne un aspetto fondante (e la didascalia finale sulle statistiche delle violenze inferte agli omosessuali ne è testimonianza) ne passa eccome. A fronte di una eccessiva importanza fornita a questo aspetto, occorre altresì aggiungere che Tyldum e lo sceneggiatore Graham Moore hanno saputo trattare l’argomento in maniera dignitosa, non smaccata, dunque con grandissimo equilibrio nella caratterizzazione.
Da approfondire proprio la questione della caratterizzazione del protagonista. Quest’ultima prevede la descrizione di un uomo che oltre a costruire macchine, è diventato egli stesso un processo meccanico vivente: le difficoltà di integrazione sociale, dovute prima al suo QI e poi alla sua inclinazione sessuale, lo hanno fatto rintanare in se stesso, convincendolo che provare emozioni (passione per la crittografia, trasporto per gli altri uomini…) fossero cose da tenere per sé, da non esprimere a nessun costo. Ecco giustificata una delle scene madri del film, tra le più sconvolgenti: quando la macchina funziona, Alan è l’unico a mantenere la freddezza di non agire in maniera istintiva (emozionale appunto), ma di ragionare freddamente (da macchina)…
Gran parte del merito dell’ottima caratterizzazione va data ad uno straordinario Benedict Cumberbatch, che ha l’occasione della vita e la sfrutta al meglio, finendo per essere meritatamente candidato agli Oscar.
8 nomination, tra cui, da quanto visto, quelle più papabili sono per Cumberbatch (attore protagonista), montaggio e sceneggiatura non originale (con l'interessante cortocircuito “omosessuale salva il mondo da un dittatore che gli omosessuali li cremava, per poi vedersi perseguitato a sua volta da quel mondo che lui stesso ha salvato”).
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