Regia di Morten Tyldum vedi scheda film
Tipico film "da Oscar", anzi da nomination, dato che difficilmente riuscirà a strappare le statuette più importanti a "Boyhood" di Linklater, si pone sulla stessa linea di altri film già adorati dall'Academy come "Rain man" o "A beautiful mind" con protagonisti handicappati ma a loro modo geniali. Lo script di Graham Moore si pone nel territorio del film biografico rievocando le fasi principali della vita dello scienziato e crittografo Alan Turing con un'elaborata struttura a incastri temporali ma, al tempo stesso, si prende parecchie licenze rispetto ai fatti storicamente accertati (ad esempio, non c'è nessuna prova che Turing si sia mai incontrato con John Cairncross, la spia che faceva il doppio gioco al servizio del governo sovietico). Lo spettatore che non conosce in precedenza la biografia di Turing neppure se ne accorge, naturalmente, ma si ha l'impressione di una sottile manipolazione del personaggio ad uso e consumo di una pellicola che non si discosta da un ambito piuttosto convenzionale; e sicuramente avrebbe giovato sapere qualcosa in più del vissuto privato del personaggio e di quella omosessualità che viene soltanto accennata verbalmente, ma sembra restare sostanzialmente estranea alla costruzione del personaggio che ci viene presentata dalla sceneggiatura. La regia del norvegese Morten Tyldum è corretta e diligente ma non troppo incisiva nella scelta delle inquadrature e nel ritmo; buona in ogni caso la confezione e in particolare la colonna sonora, con musiche appropriate e coinvolgenti. "The imitation game" gioca le sue carte migliori con il cast e in particolare con il protagonista Benedict Cumberbatch, sempre intenso e magnetico nello sguardo e nei gesti che restituiscono con appropriatezza il disagio di Turing pur accentuato con furbizia dallo script, ma l'attore è convincente e forse batte ai punti perfino le performance di Hoffman e Crowe nei film citati. Fra gli attori di supporto, Keira Knightley si impegna con risultati dignitosi nel ruolo di Joan Clarke e alcuni maschietti del gruppo di collaboratori di Turing, come Matthew Goode, Allen Leecch e Charles Dance lasciano un buon segno con la loro presenza. Resta però il rimpianto per un film che, pur avendo raggiunto risultati molto apprezzabili al box-office, avrebbe potuto scavare con più forza nelle pieghe del personaggio, anche e soprattutto nella parte finale del processo e della "castrazione chimica" , relegati in veloci sequenze che restano piuttosto sbrigative, così come le immancabili didascalie finali che ci informano del destino di Turing e delle sue scoperte a livello informatico.
Voto 6/10
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