Regia di Morten Tyldum vedi scheda film
Sembra confezionato a tavolino per la candidatura ai grandi premi internazionali: è il classico filmone inglese alla Ivory che fa squittire di gioia gli americani, un'infilata di quasi 2 ore di cliché per un biopic di circostanza - 60 anni dalla morte del matematico Alan Turing - che finisce per sconfinare nel televisivo (20 minuti in più e sarebbe stato un perfetto tv movie in 2 puntate).
La regia del norvegese Morten Tyldum, al debutto fuori dal patrio suolo, è piatta e scolastica.
La sceneggiatura - del giovane autore televisivo americano Graham Moore - è poco esaltante: didascalica e noiosetta, ha un finale precipitoso e la figura del protagonista è trattata con superficialità. E' anche piena di inesattezze storiche: divertitevi con il capitolo "Historical Accuracy" della pagina di Wikipedia inglese dedicata al film, non gliene fanno passare una! Ha il merito comunque di mostrare, anche se di passaggio e solo in un paio di scene, il problema che in quegli stessi anni fu affrontato anche da Oppenheimer: la responsabilità dello scienziato di fronte alle conseguenze delle sue scoperte sulle vite umane. E' un buon motivo per consigliare la visione di questo film a scuole e genitori con ragazzi adolescenti.
Come previsto ambientazione, scene e costumi sono impeccabili ed eccellente la scelta delle "facce". A salvare il tutto sono proprio gli attori, da Keira Knightley, interprete asciutta e acuta, al grandissimo Mark Strong per l'ennesima volta in una parte "alla Mark Strong", ma finché è così bravo va bene. Poco incisivo, quasi imbambolato, l'altrimenti eccellente Rory Kinnear e decisamente all'altezza il veterano Charles Dance, anche se il suo ruolo sfiora la macchietta, e il bellissimo (e ottimo) Matthew Goode.
Mi ha lasciato perplessa invece proprio l'interpretazione di Benedict Cumberbatch: il suo Turing, più che il genio collerico e stravagante che la Storia ci riporta, è una specie di savant, un asociale affetto come minimo da una sindrome di Asperger, tutto tic, balbettii, smorfiette e sguardi in tralice, un Rain Man ante litteram ma più carino di Dustin Hoffman. Personalmente l'ho trovato piuttosto irritante, ma piacerà di sicuro alle signore (povero ragazzo!) e ai giurati degli Oscar.
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