Regia di Rob Bruce, Scott Gaffney, Murray Wais, Steve Winter, David Zieff vedi scheda film
Ritratto di Shane McConkey, figura rivoluzionaria nell’ambito degli sport estremi: dall’adolescenza alla morte all’età di 39 anni, in Italia, sul Sass Pordoi, la storia di un uomo che ha alzato l’asticella del possibile nel campo dello sci e del base jumping (ovvero il lancio, spesso clandestino, da cime montuose e strutture urbane elevate, interrotto dall’apertura di un paracadute). «Alcuni di noi preferiscono evitare invece che buttarsi a capofitto», dice un concorrente umiliato da McConkey in una gara di stile libero: e questo film ricostruisce le vicende di un uomo che ha cercato ciecamente la sua seconda chance, ossessionato dalla figura del padre e infine padre a sua volta, di un mito americano di settore che ha riscritto le regole e le barriere tra pratiche sportive («Shane è meticoloso, ma sta tentando un doppio salto mortale all’indietro con una tuta alare, per poi sganciare gli sci e volare in un burrone»), di una leggenda che ha portato al parossismo l’idolatria dello sport, deridendo se stesso in film in cui interpreta lo stereotipo della star dello sci professionistico. Tra interviste ad amici e parenti e filmati d’archivio, passando per le spettacolari riprese di McConkey e dei documentari sciistici di cui è stato protagonista, si oscilla tra il prodotto RedBull d’ordinanza e questioni quasi herzoghiane e sicuramente non banali sull’autorappresentazione. Diverse soluzioni sono di bassa retorica sentimentale, ma la decisione di non mostrare le immagini della morte di Shane, pur disponibili allo sciacallaggio online, è ammirevole.
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