Regia di Emir Kusturica vedi scheda film
Non è proprio più il tempo dei gitani, di underground e persino di Arizona dream. Il San Francesco dei Balcani sbrocca nella trashata più clamorosa e irrefrenabile del festival.
VENEZIA 73 - CONCORSO
In piena guerra dei Balcani un lattaio percorre col suo mulo le strade che collegano i piccoli paesi circostanti per vendere la propria merce: schiva con destrezza i pericoli di un focolaio sempre in ebollizione e familiarizza con una fauna decisamente più tollerante, nonostante alcune apparenze, del feroce antagonismo che divide le etnie che storicamente coabitano una stessa zona geografica.
In attesa di sposarsi con una bella ex ginnasta, l'uomo si imbatte in una splendida opulenta italiana destinata a sposare contro voglia un ufficiale che ha perso comprensibilmente la testa per lei.
Le loro strade si incroceranno lungo un calvario barocco e tragicomico che li porterà nell'epicentro sanguinoso di un conflitto senza soluzione.
Kusturica ha sempre contornato la sua poetica ispirata, vitale e sanguigna, con numeri e show in cui gli animali si prodigano in numeri ed accostamenti divertenti e simpatici, al limite dell'incredibile.
Qui tuttavia il cineasta, che torna alla regia dopo diverse esperienze come attore, ostenta numeri circensi francamente così ripetuti da risultare dopo solo una prima insistita mezz'ora, insopportabili, tendenziosi, manierati, come se con ciò intendesse camuffare un probabile vuoto di idee aggredendo lo spettatore con una frenesia caotica di tic e moine, se non veri e propri numeri da circo, piuttosto fastidiosi e gratuiti.
Se si pensa a cosa è stato questo uomo, ai suoi meravigliosi e poetici, spessi di contenuti ma anche leggeri Il tempo dei gitani, a Papà è in viaggio d'affari, ad Underground e persino al sin troppo criticato o sottovalutato americano Arizona Dream (per non parlare dell'ottimo Gatto nero, gatto bianco), mi coglie davvero uno sconforto cosmico, che nemmeno l'ultima sensata inquadratura (il campo coperto di pietre) riesce a scalfirmi.
Detto ciò, bisogna ammettere che la performance di Monica Bellucci, fisicamente piuttosto impegnativa (decisamente più delle altre in cui viene mediamente coinvolta la celebre attrice), risulta decisamente più convincente della sua media, costringendo la diva ed icona italiana sfidare tuffi entro pozzi, acque lacustri, corse in montagna su crinali ventosi, e a padroneggiare con una certa disinvoltura una lingua balcanica di certo non troppo familiare.
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