Regia di Yorgos Tsemberopoulos vedi scheda film
Il giustiziere della notte è tornato. Ma il mondo, nel frattempo, ha cambiato volto. Si è fatto più guardingo, attento agli equilibri delicati, sensibile alla complessità delle relazioni umane. Il principio dell’occhio per occhio diventa sfumato, quando la distinzione tra il bene e il male si tuffa nella penombra della dimensione privata, sempre più esclusiva e segreta, e pur sempre gravata di obblighi ed attraversata da anomale complicità. Kostas Stassinos, di fronte alle sue decisioni, è un uomo solo, ma lo è soltanto in apparenza. C’è qualcuno che, in maniera ambigua e clandestina, lo aiuta, lo incoraggia, lo consiglia e lo critica. E che cerca di far sì che la sua azione sia mirata, ben organizzata, sicura ed efficace. Sotiris Logaras, il suo vicino del palazzo di fronte, possiede una mente tendenzialmente diabolica, sostenuta da uno spirito cinico che egli tenta di trasfondere in Kostas. Tuttavia il suo delirio vendicativo attecchisce male, sul terreno fragile e pulito di un pacifico cittadino comune, un fioraio abituato a vivere tranquillo con la sua famiglia, nel pieno di una quotidianità che procede senza scossoni. Il grave trauma che ha appena subito non basta a stravolgerne il carattere, benché l’abbia profondamente scosso. Il suo stato d’animo è quello di un padre ferito negli affetti e nell’orgoglio, per non aver saputo difendere sua moglie e i suoi ragazzi dall’irruzione notturna di quattro delinquenti che li hanno picchiati, legati, derubati. Il suo rancore riguarda soprattutto uno di loro, che ha approfittato dell’occasione per violentare la sua figlia quattordicenne. L’accordo esplicito, tra i Stassinos, è quello di non denunciare lo stupro, di tacere, di dimenticarlo. Ma Kostas, istigato da Sotiris, non si ferma. La sua impresa sarà tanto spietata quanto maldestra, totalmente in linea con la sua natura semplice ma un po’ ingenua, che lo rende incapace di andare fino in fondo, senza lasciarsi sorprendere dalle circostanze. Nel film di Yorgos Tsemberopoulos e Giannis Tsiros, rispettivamente regista e sceneggiatore, il protagonista non conosce la classica metamorfosi da uomo normale in mostro, quella interpretata da Charles Bronson o da Alberto Sordi in Un borghese piccolo piccolo. In questa storia dei giorni nostri, la realtà continua a prevalere sul disegno omicida, con le sue incertezze e mezze misure, con le emozioni imprevedibili che non smettono di interferire con la ragione e la coscienza. Non si verifica qui l’escalation di violenza sulla base della quale alla morale di pace si sostituisce una morale di guerra: esiste solo la concitazione prodotta dall’emergenza, un fenomeno acuto che riesce a servire da arma di offesa, ma non costruisce, intorno al suo improvvisato artefice, la corazza robusta e duratura necessaria per affrontare una lotta ad oltranza. Kostas non depone mai la sua naturale paura, né la sua propensione al dubbio. È il combattente principiante che colpisce e poi si blocca, si fa prendere dal panico, quindi scappa, si nasconde, non appena si rende conto di averla combinata grossa. Il suo problema è dover agire senza poter essere invisibile ed isolato, ed avendo ancora molto da perdere. Questo è l’ostacolo che impedisce alla psicosi di trasformarsi in un’energia cieca, in quell’ordinaria follia che in altre situazioni troverebbe, davanti a sé, un campo libero, completamente sgombro da scrupoli e dilemmi. O ehthros mou racconta il tortuoso percorso di una deriva temporanea, troppo imperfetta per assumere, come i suoi paradigmatici precedenti cinematografici, l’accento leggendario dell’incubo che si condensa in furia sovrumana.
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