FESTIVAL DEL FILM DI LOCARNO 2014 - CONCORSO INTERNAZIONALE
LA SAPIENZA di Eugene Green è il film più bello ed importante di tutta questa ricca giornata. Un'opera complessa, organizzata dall'autore con la consueta recitazione formale ed impostata da parte dei suoi validi attori, tra cui spicca per bravura e notorietà Fabrizio Rongione, interprete di fiducia dei Dardenne, che trova modo di distinguersi per sofferta partecipazione e nello stesso tempo per l'atonia ed il distacco che egli riesce a disegnare sul volto del proprio personaggio tormentato: un architetto famosissimo cinquantenne che, nonostante i traguardi ed i riconoscimenti ricevuti, non si riconosce più nel moderno concetto di progettazione che sta alla base delle opere anche più complesse.
"L'uomo - riflette ad un certo punto l'architetto protagonista - un tempo costruiva senza distruggere la natura circostante, ma vi progettava attorno: ora le nuove avanguardie richiedono economie e calcoli dove il profitto viene prima di ogni altra logica. Meglio allora abbandonare e dedicarsi alla stesura di un libro sulla nascita dell'architettura barocca.
Nel frattempo, nel viaggio che l'uomo intraprende con la moglie per documentare le fasi salienti della propria opera letteraria, a Stresa la coppia ne conosce un'altra, più giovane, ma di fratello e sorella nemmeno ventenni, ai quali entrambi si affezionano. Alexandre porterà il ragazzo con se prima a Torino e poi a Roma, venuto a conoscenza che dopo l'estate si iscriverà proprio alla facoltà di architettura, mentre la moglie Alienor si prenderà a cura della delicata salute cagionevole della ragazza, che diviene quasi la immedesimazione della figlia cresciuta che la coppia perse anni prima ancora bambina.
Due viaggi distinti alla ricerca della Sapienza, che per Green ha molte accezioni: è innanzi tutto la consapevolezza del raggiungimento della perfezione, della bellezza assoluta che non deve venire piegata dalle ragioni del profitto, come avveniva nei capolavori che il passato ancora oggi ci testimonia; ma è pure il complesso universitario romano dalle architetture meravigliose ed armoniose che volgono al cielo, come Green ci dimostra mettendole a nudo con riprese meticolose e suggestive, accompagnate dalla musica consueta ed ammaliante di Monteverdi; e le Teatre de la Sapience è pure, ma si tratta i una curiosità che va oltre questo film, una scuola di teatro nata proprio con Eugene Green e volta a riscoprire le tecniche recitative del teatro barocco: le stesse, marcate e quasi eccessive, che l'autore impone ai suoi attori, irrigidendoli fino ad una forzata impostazione che prevede sguardi diretti sulla telecamera, come a parlare direttamente con lo spettatore. La Sapienza è questo e molto altro, tante sono le riflessioni che accende ed ispira, e conferma il talento di un autore originalissimo che ama la cultura, la bellezza, e dunque l'Italia con i suoi tesori, senza essere ricambiato adeguatamente con la circolazione delle sue opere nei nostri circuiti.
Nel frattempo, nel viaggio che l'uomo intraprende con la moglie per documentare le fasi salienti della propria opera letteraria, a Stresa la coppia ne conosce un'altra, più giovane, ma di fratello e sorella nemmeno ventenni, ai quali entrambi si affezionano. Alexandre porterà il ragazzo con se prima a Torino e poi a Roma, venuto a conoscenza che dopo l'estate si iscriverà proprio alla facoltà di architettura, mentre la moglie Alienor si prenderà a cura della delicata salute cagionevole della ragazza, che diviene quasi la immedesimazione della figlia cresciuta che la coppia perse anni prima ancora bambina.
Due viaggi distinti alla ricerca della Sapienza, che per Green ha molte accezioni: è innanzi tutto la consapevolezza del raggiungimento della perfezione, della bellezza assoluta che non deve venire piegata dalle ragioni del profitto, come avveniva nei capolavori che il passato ancora oggi ci testimonia; ma è pure il complesso universitario romano dalle architetture meravigliose ed armoniose che volgono al cielo, come Green ci dimostra mettendole a nudo con riprese meticolose e suggestive, accompagnate dalla musica consueta ed ammaliante di Monteverdi; e le Teatre de la Sapience è pure, ma si tratta i una curiosità che va oltre questo film, una scuola di teatro nata proprio con Eugene Green e volta a riscoprire le tecniche recitative del teatro barocco: le stesse, marcate e quasi eccessive, che l'autore impone ai suoi attori, irrigidendoli fino ad una forzata impostazione che prevede sguardi diretti sulla telecamera, come a parlare direttamente con lo spettatore.
La Sapienza è questo e molto altro, tante sono le riflessioni che accende ed ispira, e conferma il talento di un autore originalissimo che ama la cultura, la bellezza, e dunque l'Italia con i suoi tesori, senza essere ricambiato adeguatamente con la circolazione delle sue opere nei nostri circuiti.
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