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La segretaria quasi privata

Regia di Walter Lang vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La segretaria quasi privata

di obyone
6 stelle

 

Katharine Hepburn, Joan Blondell

La segretaria quasi privata (1957): Katharine Hepburn, Joan Blondell

 
Il mondo dello spettacolo è in sciopero da mesi. Rivendicazioni salariali e questioni economiche irrisolte sono alla base della serrata che ha coinvolto il Writers Guild of America e il SAG-AFTRA nella querelle contro gli Studios. È interessante notare che le questioni economiche messe sul piatto siano figlie del repentino sviluppo delle tecnologie applicate al settore. Mi riferisco, ovviamente, all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, in grado di replicare volti e voci degli attori e di produrre storie e sceneggiature proprie, e mi riferisco allo streaming al quale si collegano molte criticità tra cui il calcolo delle royalty e l’opacità nella diffusione dei dati di visualizzazione dei contenuti. Oggi come ieri il progresso tecnologico ha creato nuove possibilità. Tuttavia, spesso, ha privato le persone del lavoro e della sicurezza. Perciò le ansie che stanno eccitando gli animi dei lavoratori (dello spettacolo), soprattutto quelle ingigantite dalle possibili applicazioni della misteriosa I.A., sono, probabilmente, le stesse che alimentarono il dibattito negli anni ’50 quando i computer uscirono dalle stanze dei bottoni dell’esercito americano, affacciandosi, per la prima volta, nel mercato. I.B.M., allora potenza pioniera del settore, e le altre più piccole che si spartivano la torta, cominciarono a produrre i primi calcolatori elettronici ed i primi mainframe computer che avrebbero gestito una mole sostanziosa di dati al posto dei lavoratori. L’alfabetizzazione informatica era prerogativa di pochi mentre il sospetto verso le macchine era condiviso dalla massa. Le paure generate dai calcolatori, oggetti complessi da decifrare quanto l’atturale I.A., produssero preoccupazioni che vennero prontamente intercettate da Hollywood.
 

Spencer Tracy, Katharine Hepburn

La segretaria quasi privata (1957): Spencer Tracy, Katharine Hepburn

 

Come il recente “The creator” per l’intelligenza artificiale, “Desk Set”, uscito nel 1957 e diretto da Walter Lang, è l’esempio di quanto pericoloso fosse percepito il progresso. Non tragga dunque in inganno il divario tecnologico maturato in oltre sessant’anni, uno scarto che di primo acchito ci porta a sorridere e a considerare il film interpretato da Katharine Hepburn e Spencer Tracy come superato o naif. “Desk Set” potrebbe apparire tale, oggi che un PC si può portare appresso all'interno di una valigetta, ma non lo è poiché le preoccupazioni dei lavoratori di allora erano le stesse degli scioperanti di oggi.
 

Katharine Hepburn, Spencer Tracy

La segretaria quasi privata (1957): Katharine Hepburn, Spencer Tracy


Il film racconta l’arrivo dell’ing. Richard Sumner a mettere subbuglio nella sede della Compagnia Radiofonica Federale di Lower Manhattan. Il suo comportamento rimane avvolto nel mistero finché Bunny Watson, caporeparto dell’Ufficio Quesiti collega i puntini unendo indizi e pettegolezzi telefonici. La società è oggetto di fusione ed efficientamento del lavoro tramite l’introduzione di apparecchi elettronici. È proprio l’ufficio di Watson, per la mole di dati giornalmente trattati, a tenere a battesimo il processo di razionalizzazione che genera panico tra le quattro impiegate le quali, a ragione, temono di essere licenziate. La segretezza dell’operazione non aiuta a comprendere le intenzioni dei piani alti e tanto meno quelle di Sumner. Bunny Watson, tuttavia, è un osso duro e prima di capitolare all’evidenza di un triste destino lavorativo dà battaglia, affatto spaventata dalla mole dell’E.M.E.R.A.C., il super computer nel frattempo installato laddovve c’erano le scrivanie delle colleghe.
 

Spencer Tracy, Katharine Hepburn

La segretaria quasi privata (1957): Spencer Tracy, Katharine Hepburn


Il film, tratto da una commedia di Broadway di William Marchant, non brilla certo per la sceneggiatura che risulto troppo esile e legata a singoli episodi fortemente scollegati tra loro. La narrazione procede per accumulo di siparietti, lasciando, tuttavia, un enorme buco prima della sequenza finale. In quest’ultima scena si svela l’errore della macchina e l’origine delle lettere di licenziamento. Il qui pro quo è dozzinale ed è un peccato che l’ultima parte del film si risolva ingenuamente con un colpo alla botte ed uno al cerchio. Siamo pur sempre nell’ambito della commedia sentimentale in cui tutto deve collimare senza strappi e scossoni. Lo spirito imprenditoriale americano è salvo. Il personale trova la giusta convivenza con la macchina la cui presenza non può venir meno perché in fondo gli affari sono affari.
 

Katharine Hepburn

La segretaria quasi privata (1957): Katharine Hepburn


La vera forza del film, invece, sta nell’alchimia generata dalla coppia Hepburn/Tracy. I dialoghi sono divertenti e molto spesso ironici. Con leggerezza vengono affrontate alcune tematiche sensibili come l’indipendenza della donna, quella economica e quella sessuale.
Katharine Hepburn non rinuncia al suo proverbiale proto-femminismo. Sceglie un più comodo pigiama con i pantaloni e scaglia qualche frecciatina contro il moralismo imperante che impedisce ad una donna rispettabile di portarsi a casa gli uomini per una cena, una notte di follie od un te in vestaglia da camera. Hepburn confluisce in pieno nel personaggio di Bunny Watson, le mette in bocca commenti arguti e spiritosi suffragati dalla cinica e divertente presenza di Joan Blondell che recita il ruolo di Miss Costello. Così facendo si stempera il rigido moralismo di allora che trovava sconveniente una donna sposata in un luogo di lavoro. Tutte le quattro operatrici sono “Miss”, troppo giovani per il matrimonio o troppo vecchie per sperare in una sistemazione. La cartolina di Natale dell’ex collega testimonia chiaramente come le donne dovessero stare a casa per accudire i figli. Bunny, invece, è preparata ed efficiente e nulla lascia presagire l’abbandono del luogo di lavoro per accasarsi, nonostante debba arrendersi all’ossessione di Sumner per il computer, un’ossessione che la mette in secondo piano nella relazione che si profila tra i due. Questa subordinazione al proprio uomo rispecchia il personaggio della stessa Hepburn che appariva tanto innamorata di Tracy da accettare il legame matrimoniale dell’attore con la moglie. Una cosa che poteva sembrare insensata per un’attrice così indipendente, un cavallo indomabile che accettava i soli copioni in cui la protagonista non era un mero soprammobile.
In “Desk Set” un paziente e divertito Richard Sumner accetta di buon grado le bizze di Bunny raggiungendo l’equilibrio tra amore e lavoro, tra uomo e donna, tra lavoratore e macchina. Del resto, si sa, l’equilibrio sta nel compromesso. 
Sperare in un anacronistico ritorno al passato è vano per cui attori e attrici di Hollywood dovranno cercare proprio nel compromesso il raggiungimento dei propri obiettivi e la difesa dei propri legittimi interessi. Ai computer di Richard Sumner e Bunny Watson siamo sopravvissuti. Sopravviveremo anche all’intelligenza artificiale. O forse no? 
 
TV 2000
 

 

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