Regia di Guy Ritchie vedi scheda film
C’è una scena divertente in Operazione U.N.C.L.E. in cui Napoleon Solo e Illya Kuryakin bisticciano di moda in un raffinato atelier d’haute couture italiano, sciorinando nomi e dettagli di grandi firme con estrema competenza. Più che per le strizzate d’occhio a una possibile tensione sessuale tra i due (il gioco era di gran lunga più efficace in Sherlock Holmes, perché purtroppo Henry Cavill e Armie Hammer non sono Robert Downey Jr. e Jude Law), la sequenza fa sorridere perché sembra volerci dire esattamente cos’è questo film: una questione di stile. Resuscitando una serie tv spionistica degli anni 60, che raccontava l’improbabile collaborazione tra un agente americano e un operativo russo in piena Guerra fredda, Guy Ritchie è infinitamente più preoccupato della ricostruzione glamour di un’idealizzata atmosfera vintage che dell’intreccio organizzato consapevolmente attorno a stereotipi rodati ed espedienti consolidati. Ma in un film in cui l’antagonista principale si chiama Victoria Vinciguerra (a proposito: Elizabeth Debicki, in quanto a carisma, bagna il naso ai due marmorei bistecconi di cui sopra) non ha senso lagnarsi per l’impianto fumettistico di un plot generico a base di bombe atomiche ed ex nazisti. Meglio, forse, abbandonarsi all’azione ben coreografata, cucita con competenza da tagli di montaggio e split screen, alleggerita da occasionale humour e bagnata dalla luce dorata e nostalgica dei favolosi Sixties.
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