Regia di Edgar Reitz vedi scheda film
Il viaggio a Vienna prende spunto da un episodio accaduto, durante la guerra, alla madre del regista, che si recò nell'allora ex capitale austriaca in viaggio di piacere con un'amica, in assenza del marito, impegnato al fronte, e in seguito fu sempre molto vaga sui dettagli di quella gita.
Reitz riprende quell'episodio e riempie con la fantasia i vuoti lasciati dalla reticenza della mamma. L'aspetto autobiografico, in questo film, è pregnante ed è tanto più significativo in quanto cominciano a comparire temi, scenari e personaggi che costituiranno l'ossatura di Heimat (è inutile prendersi in giro: chi mai si occuperebbe del cinema di Reitz se non ci fosse stato Heimat?).
La cifra del Viaggio a Vienna è la commedia, perché la guerra sembra lontana e nel 1943 la Germania vive ancora un benessere che rende strana l'uccisione clandestina del maiale, che mette nei guai le due protagoniste. L'avventura delle due donne nella favolosa Vienna - dove sperano di trovare eroi di guerra a riposo dalle fatiche belliche - ricorda quella di Andreuccio da Perugia del Decameron: le aspettative quasi completamente frustrate, una truffa subita e la figura delle villanelle in città è divertente, così come quel nazismo di retrovia, abbastanza simile al fascismo della commedia italiana, rappresentato da Mario Adorf che tuttavia, per i suoi piccoli imbrogli, veri o presunti, sarà mandato a morire sul fronte orientale.
Dal punto di vista produttivo, Il viaggio a Vienna nacque sotto i migliori auspici, sulla base della partecipazione di Romy Schneider nella parte di una delle protagoniste, ma rischiò di trasformarsi in un naufragio finanziario quando la partecipazione dell'attrice austriaca non si concretizzò. I finanziamenti si ridussero di più della metà e Reitz dovette vendersi la casa e l'automobile. E va detto, comunque, che Elke Sommer e Hannelore Elsner (che sostituì la Schneider) sono sicuramente tra le carte vincenti di un film riuscito.
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