Regia di Jerry Schatzberg vedi scheda film
La vittoria su tutti i fronti è un punto d’arrivo raggiungibile esclusivamente da uno sparuto numero d’individui. D’altro canto, è già spaventosamente complicato conquistare un obiettivo, figuriamoci farlo senza perdere per strada altri pezzi, soprattutto se dati per conclamati e consequenzialmente non valutati con l’attenzione che meriterebbero.
Allo stesso modo, più una scalata è ardua, più aumenta la potenziale cambiale da pagare, cosicché un trionfo alle porte potrebbe essere, alla resa dei conti, di Pirro.
Joe Tynan (Alan Alda) è un senatore democratico con alcuni successi alle spalle e un rapporto di totale complicità con sua moglie Ellie (Barbara Harris).
Quando la sua attività politica s’intensifica, tra lo scontro con il rivale Anderson e la rincorsa per il ruolo di uomo guida del partito democratico, perde contatto con i problemi quotidiani della famiglia.
La situazione diviene ulteriormente accidentata quando s’invaghisce di Karen Traynor (Meryl Streep), un avvocato della Louisiana con cui ha intavolato una stretta collaborazione.
La seduzione del potere, la cui seduzione nel titolo originale è direttamente imputata – con maggiore attinenza – a Joe Tynan, è un film scomposto, in clamoroso anticipo sui tempi (addirittura, in una scena evoca ante litteram l’affaire Lewinsky) e invecchiato con qualche acciacco giacché oggigiorno i suoi meccanismi non possono che apparire antiquati, sorpassati da un arrivismo che ha smarrito anche la pur minima vergogna.
Ciò nonostante, Jerry Schatzberg – reduce dal plauso unanime riservato sei anni prima a Lo spaventapasseri - ha un’intuizione brillante, penalizzata più che altro da un’elaborazione discontinua. Spaziando tra le stanze del potere, il nucleo casalingo e il nido accogliente di un amore extra coniugale, alternando fasi concitate e frangenti più leggeri, accesi litigi e la leggerezza di momenti concilianti, sfocia solo occasionalmente nella carne viva, quella che conduce direttamente alle emozioni realmente scardinanti.
Indubbiamente, il passo è lesto, non esistono tempi morti ma, per quanto partecipate, talune scene sono tutt’altro che essenziali, con un ritratto pieno di elementi ma non condotti totalmente in porto.
Un insieme che vale comunque la pena recuperare in virtù delle preziose interpretazioni offerte da Alan Alda, perfettamente a suo agio in ogni fase, e Meryl Streep, avvenente come le è capitato in poche altre circostanze, senza comunque intaccarne minimamente la credibilità.
Pur senza convincere appieno, La seduzione del potere mostra comportamenti politici da denigrare e come una totale rettitudine sia una chimera, con l’immagine pubblica da conservare illibata – nonostante tutto – per acchiappare qualche voto in più e uno scambio finale di sguardi, degno del migliore cinema classico, che vale più di mille parole.
Intraprendente, ma solo saltuariamente incisivo.
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