Regia di Stefan Uher vedi scheda film
Se è vero, come scrisse il critico cinematografico ceco Jaroslav Bocek negli anni Sessanta, che Stefan Uher (Prievidza, 1930 - Bratislava, 1993) era «il Giovanni Battista della nová vlna cecoslovacca», allora Il sole nella rete costituisce il suo primo battesimo amministrato nel Giordano. Si può dire, infatti, che questo secondo lungometraggio del regista slovacco è opera che precorre i lavori successivi degli autori della nuova ondata ceca e slovacca degli anni Sessanta, da Forman a Passer, dalla Chytilova a Schorm e via dicendo.
A ben guardare, la trama non presenta costruzioni particolari, ma nella Cecoslovacchia del pre-Primavera era già sufficientemente rivoluzionario proporre una storia secondo uno stile del tutto opposto al tradizonale stile epico allora dominante.
Il sole, inizialmente nero per l'eclissi, successivamente visto attraverso la rete da pesca sul Danubio, è testimone muto di una storia d'amore tra due - poi tre - giovanissimi abitanti di Bratislava, dove ogni storia sembra toccare l'altra, mediante la tecnica, tipica di Uher, del contrappunto. Il giovane "Fajolo", infatti, studente con la passione per la fotografia (il suo soggetto preferito sono le mani, come simbolo di sincerità), è fidanzato con la quindicenne Bela, figlia di una donna resa cieca da un tentativo di suicidio e di un dirigente del partito, capo del villaggio di campagna, dove lo stesso giovanotto va a lavorare durante le vacanze estive e dove incontra un'altra ragazza, Jana, meno complicata della sua fidanzatina di città. Ma il tradimento è duplice: perché se Fajolo conosce l'amore fisico con Jana, Bela lo tradisce facendo leggere le sue lettere ad un proprio corteggiatore e, nel finale, porta la madre in campagna, facendole credere di trovarsi sulle rive del Danubio. Nel frattempo, il sole non salta più nella rete, perché il vecchio pescatore che la tendeva dalla baracca sul Danubio è morto e il retone è stato smontato e buttato in secca. Il ritorno alla realtà è duro e Il sole nella rete sembra presagire quanto i registi della nová vlna vivranno per primi sulla propria pelle qualche anno più tardi.
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