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We Need Happiness

Regia di Aleksandr Sokurov, Alexei Jankowski vedi scheda film

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La recensione su We Need Happiness

di mck
8 stelle

* * * ¾  :  full of happy...less.

 

" Quanto piccolo sia il mondo, e quanto breve, la vita ".

 

...figlia immigrata russa, sorella straniera musulmana, moglie espatriata curda, madre espulsa orfana e vedova de facto, de iure e di sangue, esule nonna ritornante...

 

Khayal ( Sogno ), curda iraqena autoctona, e Zveta, russa immigrata ( ''curda iraqena alloctona'' ? ), immigrata per due volte, e sempre per ( lo 'stesso' ) amore : andata, ritorno imprevisto, e di nuovo andata ( di ritorno ), per forza.

 

E ''infatti'' inizia con un ritorno, il documentario di finzione di Sokurov e Jankowski ( facente parte della serie/collezione " the Ways of the World " ideata e diretta da Stéphane Breton ) : la neve patria, che accoglie il narratore - reduce da una missione medica interrotta per l'arrivo del''la'' guerra ( " di noi non c'è stato più bisogno " ) -, ancora ben lontana dal disgelo su suolo russo, da una parte, e la primavera nascente che il viaggiatore ha lasciato nel caldo nord dell'Iraq, durante una tappa del suo odierno nostos, dall'altra : un posto di blocco, una bandiera curda, un torrente che forma una serie di cascate scavate nel suo letto di basalto, la statua di Saddam scaraventata giù dal podio a Baghdad, evento quest'ultimo trasmesso in loop dalle tv 'locali' ( se per 'locale' s'intende ogni singola compartimentata/comunicante parte del Mondo...) anche (però) a distanza di (molto) tempo : un Piazzale Loreto in eterna festa mobile.

 

" Sono di stanza qui, per difendere qualcosa, forse il ponte, sotto le cascate ".

 

Documentario interventista ( nel senso di inferenziale ), autobiografia parziale, diario di viaggio, e come sempre, anche se solo in parte, pittura in movimento ( compresi due momenti di ''picture in picture'' ) : è più ''vero'' questo We Need Happiness / il Nous Faut du Bonheur o, per esempio, Tre Sorelle ( Three Sisters / San Zimei : un...documentario...''classico'' ) di Wang Bing

 

( il Nous Faut de Bonheur  -  2011  -  A. Sokurov - A. Jankowski )

 

Domanda sciocca e pedante, se viene formulata partendo dalla differenziazione dei due generi cui appartengono le due diverse opere. La sola risposta possibile è entrambe e nessuna, giusto per rendere pan per focaccia ai sofisti che governano la città.


1959 ... 1986 ... 2010 : villaggio di Gawilan Botan, regione del Bardarashm del Kurdistan iraqeno, a pochi chilometri da Erbil ( basta una curva oltre il dorso di una collina, un alto ponte gettato sulla gola di un torrente, e oltre al confine comunale si cambia secolo ).  

 

I bambini, come al solito, giocano alla guerra ( '' perfettamente consapevoli del loro sangue e delle loro radici / al posto dei libri hanno le parole di un amico '' ) : i gattini non giocano col topo che porta loro la madre ?

 

Gru che forse hanno perso la strada ( più facile che sia l'uomo a non sapere dove siano il nord e il sud, l'est e l'ovest ).

 

" Ecco di nuovo un posto di blocco. Perché qui ? Non lo so. E' roba da uomini : le bandiere, le armi, le divise "

 

Khayal, Zveta e le altre protagoniste dell'opera di Aleksandr Sokurov - e loro sorelle sono per esempio l'Ana Arabia ( finto mockumentario - il dietro le quinte di un'intervista bigger than life - di vera finzione ) di Amos Gitai, la Nawal Marwan di Incendies ( di D. Villeneuve - W. Mouawad ), la Tanya di Ovsyanki ( Silent Souls di Aleksey Fedorchenko ) e l'Alexandr/a dello stesso Sokurov ( che qui co-dirige/scrive con Alexei Jankowski, assistente dell'autore russo per - non a caso - Elegia del Viaggio, e co-autore del prossimo " Francofonia - il Louvre sotto l'Occupazione Germanica " ) - raccolgono sulle loro spalle la risultanza tradita dell'eterogeneità del mondo umano : donne per le quali “ il libro della loro vita è già stato scritto, sono rimaste solo poche pagine, ma forse non sono le più importanti ”, e

 

{ come per Three Sisters, ma con esplicito intervento (herzoghiano) del regista : si pensi al fatto che il documentario è nato ''impuro'' [ da ''la Sortie de l'usine Lumièr'' a Robert J. Flaherty ( "Nanook of the North" e "Man of Aran" ), da Jean Epstein e Joris Ivens a ''la Terra Trema'' : tutti promiscui esempi con-simili e difformi della gran varietà possibile ed esistente di docu-fiction e delle sue infinite gradazioni e anelli di congiunzione : e ad ogni anello aggiunto vengono a crearsi altri due anelli mancanti...via via fino a toccare e raggiungere gli estremi di documentario e fiction ''puri'' : è altrettanto quasi impossibile creare un documentario totalmente ''oggettivo'' quanto una fiction totalmente ''controllata'' ], e solo col tempo se ne sono ricavati esempi di integrale e assoluto distacco, o almeno ci si è provato : Frederick Wiseman }

 

che si lasciano inquadrare rimanendo inconoscibili : “ Guardando questa ragazzina mi sembrò di vedere non l'inizio della sua vita, ma già la fine ”.   

 

( Three Sisters  -  Wang Bing -  2012 )

 

Sokurov ritorna subito sui suoi passi, confutando la frase appena pronunciata ( le due locuzioni si autoannullano e si rilanciano con le stesse forza e priorità, l'identico diritto e l'equivalente competenza, ovvio : l' ''appena'' fa parte di una sceneggiatura scritta e pensata, non della fedele trasposizione di un diario immediato e immacolato ), e il seppia ( fotografia di Sara Cornu, musiche di Mehdi Hosseini, montaggio del co-regista e co-sceneggiatore Alexei Jankowski, produzione del benemerito Serge Lalou ) del luogo altro viene fagocitato dalla neve in pieno sole di Casa.

 

Intanto, poco prima, la corrente ( continua a ) trasporta(re)-va ( ah!, il tempo! ) a valle i rifiuti di una festa di paese : " movimento senza scopo : qual è il fine, a che serve ? " : male interpreta l'autore forzando la poesia verso la tautologia fideistica : sull'arcata del ponte svetta la scritta PDK ( sigla-acronimo del Partito Democratico del Kurdistan ) : " la capitale è lontana " - diceva all'inizio - " ma anche qui tutto è politica ". Ecco, un passo ulteriore verso la realtà delle cose ( la natura ( e come parte di essa l'epigenesi umana ), il tempo, la politica, la forza di gravità...) così come stanno, sono e divengono : si ritorna al punto di partenza con occhi diversi.

 

" Quanta acqua ! E a solo un chilometro da qui la siccità è terribile. La natura favorisce le contraddizioni e il superfluo. La natura incoraggia la nascita e deifica la morte " : ed è vero : si chiama evoluzione.

Senza di essa l'universo non potrebbe contemplare sé stesso. Per quel che vale.

 

" Piangi, bambino mio ". La vecchia moglie imbocca il vecchio marito. La felicità latita dal mondo. La natura non ne ha bisogno. L'essere umano, invece... 

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