Regia di Aleksandr Sokurov, Alexei Jankowski vedi scheda film
il narratore, in missione umanitaria come medico in kurdistan poi sospesa per guerra, rientrato in russia(patria) ricorda il suo incontro con due donne straordinarie che vivono tra montagne aride. la prima, il cui nome vuol dire sogno, è nata lì, cresciuta e ha vissuto lì, spostandosi sulle montagne circostanti solamente durante la guerra, la seconda zveta è una russa che è giunta in quei posti nel 59 a seguito di uno studente curdo che poi ha sposato. il racconto sospeso dell'uomo che ha dovuto soggiornare in quei luoghi in attesa di un'auto che lo venisse a prelevare, prende quasi i toni sospesi del racconto tramandato solo per via orale. la meraviglia con cui ricorda gli sguardi della donna kurda col proprio nipote, così intimi e così eterni. ma anche le parole di zveta rispedita selvaggiamente dal governo iracheno in russia perchè i documenti erano scaduti. 4 anni in terra patria dove anche la madre e la sorella erano diventate sconosciute. la donna kurda che adempie ai suoi compiti domestici che quasi non parla e la donna russa che invece riversa ricordi su ricordi, finendo un pensiero con la cruda consapevolezza che adesso, forse, manca solo la felicità, dopo la guerra, dopo l'esecuzione del marito e del figlio adolescente, giustiziati sommariamente chissà dove, forse nel deserto con la sua polvere avrà sepolto tutto. sognante commistione docu-fiction. non male.
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