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Prora

Regia di Stephane Riethauser vedi scheda film

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La recensione su Prora

di OGM
8 stelle

Conta solo l’istante. Il prima e il dopo sono soltanto i suoi drappeggi nel tempo. È nell’attimo che avvengono la rivelazione, l’incidente, il fatto inatteso che segna il cambiamento. Un singolo dettaglio nel flusso della casualità si distingue per la sua carica di significato: in esso i desideri, le paure, i segreti si condensano in un lampo di momentanea follia, in cui la volontà è occasionale schiava della necessità di essere ed esprimersi senza mezzi termini. Jan e Matthieu credono di essere soltanto amici: due ragazzi bighelloni che amano bere in compagnia, parlare di sesso e sognare di andare a vivere in una metropoli, come Parigi o Berlino. I loro divertimenti sono comuni e vagabondi, come i pensieri e i discorsi che sono convenzionalmente scherzosi, senza vera gioia, e senza voli di fantasia. Sono il frutto di tanti piccoli sbalzi di umore, o di futili colpi di testa, che servono per continuare a correre, e a non fermarsi mai. Anche entrare in quel casermone abbandonato fa parte di un gioco innocente perché privo di senso e di intenzione. I locali sono vuoti e fatiscenti, e non ci sarebbe motivo di stare lì, in mezzo agli intonaci scrostati e alle finestre con i vetri rotti. Si può tutt’al più provare a fare i bambini, o i pagliacci, e tutto potrebbe finire lì, come una filastrocca che non vuol dire nulla. Invece Jan e Matthieu non smettono di inseguirsi, fino ad incontrarsi in un modo che non avevano previsto.  La storia non c’è, in quest’azione affidata ad un’improvvisazione sprovvista del supporto della coscienza, in cui la libertà sembra niente più che una vuota forma di euforia. Eppure questo non-racconto contiene nel cuore quel sussulto della realtà che, ad un tratto, segnala la scoperta della novità che covava sotto la pelle, e che rimarrà per sempre impressa nella carne. Il cortometraggio dell’esordiente Stephane Riethauser  è l’alone che circonda il punto in cui è avvenuto l’impatto con l’ignoto; è il margine pulsante di una ferita che non vuol guarire, come un ricordo che è bene continui a far sentire il suo vago eco di dolore.

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