Regia di Paul W.S. Anderson vedi scheda film
Subito dopo l'epica di Hercules del finnico Renny Harlin, e poco prima dell'epopea di Noe e della sua arca per opera del sin troppo acclamato cineasta russo-americano Darren Aronofsky, non potevamo tralasciare l'adattamento della piu' celebre e celebrata catastrofe naturale della storia: l'eruzione del Vesuvio e la conseguente repentina distruzione di Pompei, città fiorente e piena di vita posta sotto le pendici del vulcano e soggetta al governo di un Impero romano oprimente e sfruttatore appena fuori le porte della città. Un adattamento altamente spettacolare certo, a cura di un regista speso tosto, non dissimile ai due citati sopra: l'inglese Paul William Scott Anderson, cineasta dinamico di celebri film d'azione a volte interessanti (altre volte di pura routine). E' curioso, se ci si vuole anche un po' far male deliberatamente con le proprie mani, notare come questi americani - che producono a suon di milioni di dollari filmoni ambientati in epoche e territori così distanti e avulsi dalla propria storia e formazione, facendo rivivere mitologie ed eroi di testi antichi o battaglie e fatti storici ampiamente documentati ai posteri - si lascino alla fine prendere dal facile trasporto della solita storia d'amore contrastato, per sviare banalmente da una vicenda che invece dovrebbe essere il fulcro e l'epicentro di ogni interesse storico e narrativo. Ora anche qui gli sceneggiatori, ed Anderson di conseguenza, si sentono in dovere di far iniziare una storia, il cui fulcro determinante di risolve in una improvvisa, violenta e fatale eruzione di poco più di un giorno nel 79 d.C., ben diciassette anni prima, introducendo la figura di uno schiavo celtico rimasto orfano bambino a causa di un eccidio perpetrato da un sadico generale romano, in seguito divenuto senatore.
Guarda un po' il caso, ma Milo, lo schiavo di cui sopra, divenuto un atletico e temibile gladiatore (con testuggine addominale inclusa nel prezzo), viene deportato proprio a Pompei per combattere avversari piu illustri e far arricchire i suoi proprietari. Li incontrerà la bella e ricca Cassia, di ritorno da Roma fino alla villa a strapiombo sul mare dei benestanti genitori proprio per fuggire alle viscide lusinghe dello stesso odioso politico. E così via, verso intrighi di cuore e di spada che ci distolgono per oltre un'ora da ciò che probabilmente ognuno di noi ha voluto vedere scegliendo di acquistare il biglietto: la famosa improvvisa eruzione del vulcano e l'inferno naturale che esso si porta dietro. Quando finalmente arriva il sospirato momento, e ce ne mette davvero tanto di tempo, dopo dialoghi terrificanti che quasi nobilitano il precedente e tanto vituperato Hercules di cui sopra, allora ognuno di noi finisce per smettere di rimpiangere il prezzo ridotto del cinema in 2D, per vivere l'emozionante disastrosa carastrofe in versione tridimensionale, che esalta la formazione di voragini improvvise nel terreno, esplosioni magmatiche, pioggia di ceneri ardenti, gas velenosi e letali, colate laviche e terremoti, con conseguenti tsunami dagli effetti visivi magistrali. In questo Anderson, mago dell'azione, della fantascienza e dei ritmi adrenalinici, dà il meglio di quanto il nostro occhio, ormai smaliziato ad ogni trucco, oserebbe pretendere. Peccato per le lungaggini fastidiosissime di sentimentalismi e incubi del passato che allontanano troppo e fuorviatamente dall'epicentro della materia. E tra immagini di un vulcano dalla silouette enorme che ricorda per maestosità piu' l'Etna che il povero piccolo Vesuvio, o addirittura ed assurdamente una cima himalayana, la storia arriva a concludersi nel modo che ognuno di noi (europei) conosce, rendendo eterno ed infinito un amore mai veramente consumato.
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