Regia di Wim Wenders vedi scheda film
Che cosa determina le nostre vite ? Che cosa le informa, le guida, le fa incrociare ? Il caso, la necessità, la fortuna ? Esiste una pacificazione al nostro dolore, alla nostra colpa, al nostro rimpianto ? Esistono gli errori, o siamo tutti incolpevoli di fronte alla nostra piccolezza, alla nostra impotenza, alla nostra vulnerabilità ?
Che cosa determina le nostre vite ? Che cosa le informa, le guida, le fa incrociare ? Il caso, la necessità, la fortuna ?
Esiste una pacificazione al nostro dolore, alla nostra colpa, al nostro rimpianto ? Esistono gli errori, o siamo tutti incolpevoli di fronte alla nostra piccolezza, alla nostra impotenza, alla nostra vulnerabilità ?
Wenders recupera gli stilemi esistenziali delle sue opere migliori non per dare risposta a queste domande, quanto piuttosto per porle, attraverso lenti movimenti di macchina, silenziosi incontri accompagnati dai soli rumori ambientali, inaspettati dolly zoom che sembrano rivoltare dal di dentro le percezione immaginativa dei personaggi.
Perché la sua rimane una narrazione fenomenologica, niente affatto realistica, o cronachistica delle trasformazioni soggettive degli animi e dell'elaborazione della perdita: ci sono i salti temporali, le ellissi figurative (il bambino sarà davvero morto?), le angoscianti suspense (la scena della giostra), l'aspettativa costantemente disillusa di una qualche "soluzione" emotiva, ed i misteriosi giochi ad incastro che non si riesce mai ad indovinare dove vadano a parare.
La metafisica del panta rei e la narrazione ellittica, tipici del cinema di Wenders, ci dicono che la vita, a volte, soprattutto quando deve attraversare l'inverno della colpa, è un thriller, in cui, alla fine, il colpevole è lo spettatore.
Voto 7.
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