Regia di Wim Wenders vedi scheda film
Un bambino su uno slittino taglia inavvertitamente la strada a un'auto: lo scontro è inevitabile e il piccolo non sopravvive. Alla guida del mezzo c'era Tomas, scrittore in crisi sentimentale con una fidanzata troppo distante da lui e in crisi 'intellettuale', alla ricerca di un'identità artistica. A questo punto si aggiunge per lui una terza crisi, quella di coscienza.
Ritorno alla regia, e quindi alla vita, per Wim Wenders, dal 2008 di Palermo shooting impegnato solamente in lavori documentari, sia pure di alto calibro come Pina (2011). Le due ore di Ritorno alla vita non ci consegnano il miglior Wenders, ma sono pur sempre un buonissimo sfoggio di mezzi e capacità, capace di confermare la reputazione dell'autore, ma anche di denunciarne una vena sempre meno ispirata. Per capirci, in questo film le atmosfere sono perennemente assonnate, i cieli grigi e gli interni scarsamente illuminati, l'azione è sempre pacata e relegata in quei rari momenti di pausa fra i lunghi e incantati (nel senso di ipnotici, flemmatici) dialoghi; perfino la scena madre dell'investimento del bambino - per quanto ben girata - suscita sbadigli più che inquietudine o preoccupazione. Al centro della sceneggiatura di Bjorn Olaf Johannessen c'è un monologo interiore, quello del valido protagonista James Franco, e peraltro sorprende che tale flusso di pensieri, dubbi, rimorsi, speranze e domande possa sfociare in una conclusione positiva, che è tutto ciò che le tinte e l'anti-ritmo del film vorrebbero fuggire, ma è anche esattamente quanto il suo titolo promette (non meno la versione italiana di quella originale: Every thing will be fine). Maxi coproduzione fra Germania, Francia, Svezia, Norvegia e Canada; nel cast anche Charlotte Gainsbourg, Peter Stormare, Rachel McAdams, Julia Sarah Stone. 4,5/10.
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