Regia di Alain Resnais vedi scheda film
George ha sei mesi di vita. Lo scopre Colin, il suo medico, e lo rivela alla moglie Kathryn durante le prove per uno spettacolo di teatro amatoriale, in campagna, insieme ad altre due coppie. Ben presto lo sanno tutti e tutti, amici di George, si preoccupano per lui; in particolare le tre donne, che hanno avuto con lui trascorsi sentimentali più o meno noti.
Il testo di partenza è Life of Riley, una commedia dell’inglese Alan Ayckbourn, portato sul grande schermo per la terza volta da Alain Resnais dopo Smoking/No smoking del 1993 e Cuori del 2006; con una sceneggiatura di Laurent Herbiet e dello stesso regista (sotto lo pseudonimo di Alex Reval, chissà poi perché) e il contributo di Jean-Marie Besset per i dialoghi, questo è il film che chiude i quasi settant’anni di carriera di Resnais, ormai 91enne e destinato purtroppo ad andarsene con un paio di settimane di anticipo sulla prima della pellicola. Ironia (triste, in questo caso) del destino, che è poi uno degli argomenti centrali di Aimer, boire et chanter, sorta di racconto in levare (basti pensare che il vero protagonista, George, non compare mai sullo schermo e tutte le sue azioni ci vengono raccontate dagli altri personaggi) nel quale si intrecciano vita e rappresentazione, realtà e fantasia, come d’altronde Resnais ha sempre amato fare. E, a proposito degli amori del regista, va qui sottolineato inoltre l’incontro fra teatro e fumetto – molti sono i disegni inseriti nei fegatelli, e colpisce la scelta di inserire il disegno di una griglia in bianco e nero come sfondo di tutti i primi piani; sostanzialmente quindi non c’è dubbio alcuno sul fatto che il regista intendesse realizzare questo lavoro come un’opera conclusiva, un testamento artistico. Dei sei interpreti centrali, infine, quasi tutti avevano già lavorato con lui: oltre agli immancabili Sabine Azema e ad André Dussollier compaiono infatti Hippolyte Girardot e Michel Vuillermoz (Vous n’avez encore rien vu) e Caroline Silhol (Voglio tornare a casa!), oltre a Sandrine Kiberlain. Presumibilmente la scarsissima azione – tutto è concentrato nei dialoghi – e la durata di quasi due ore non sono un incentivo per tutti. 5,5/10.
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