Regia di Ken Loach vedi scheda film
CANNES 2014 - CONCORSO
Da sempre impegnato nella denuncia dei soprusi e delle ingiustizie che, da che mondo è mondo, ricadono e “piovono come pietre” inesorabilmente prima di tutto sulla classe più umile ed in balia degli eventi, il cinema di Ken Loach trova, nell’epopea drammatica e vera dell’irlandese Jimmy Gralton, un nuovo presupposto per aggiungere un prezioso tassello alla sua impegnata e nobile cinematografia di denuncia e salvaguardia dei diritti e delle libertà solo da troppo poco tempo riconosciute quasi ovunque come inalienabili ed irrinunciabili.
Splendidamente ambientato in una Irlanda immacolata e vergine degli anni ‘30, uscita ferita ed offesa da una guerra civile che è servita solo a dilaniarla, e proprio per questo retrograda e tendenzialmente avversa ad aprirsi verso ogni nuovo spiraglio diretto a valorizzare la cultura ed il mondo circostante, Jimmy’s Hall si avvale della robusta e pertinente scrittura dell’affezionato e ormai consueto sceneggiatore Paul Laverty, che dona al film una struttura narrativa solida, compatta ed ineccepibile.
L’arte, la cultura, la tradizione del ballo e la libera e trasognata coltivazione dei propri legittimi interessi che si contrappone a regole e dogmi intransigenti e fini a se stessi, frutto di ignoranza e di una impostazione che resisterà ancora per decenni nonostante l’intervento fiero e disinteressato di piccoli grandi eroi come Gralton.
L’epopea di un partigiano che torna da un esilio americano per avviarsi ad uno nuovo, ancor più amaro e definitivo, costituisce la celebrazione dell’eroismo di tanti piccoli grandi personaggi che non si sono arresi di fronte all’ignoranza e all’intransigenza di una classe sociale e di una chiesa retrogradi ed ignoranti, conniventi ed interessati a mantenere la chiusura mentale di una classe numerosa e per questo necessariamente destinata ad essere manipolata e sottomessa.
Al film, come dicevo impeccabile e ineccepibile sia nella forma che nella sostanza, manca tuttavia quella scintilla in grado di emozionarci veramente, di stordirci come ci aspetteremmo da un’opera di un grande maestro a cui questa volta manca quel tocco di magia che lo rende unico ed inimitabile, ma a cui tuttavia va dato onore e merito di proseguire, imperterrito e con coerenza, il proprio lodevole ed impegnato percorso di denuncia.
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