Regia di Ken Loach vedi scheda film
Ken Loach torna in Irlanda dopo “Il vento che accarezza l’erba” (2006), elargendo un impegno civile notevole cogliendo, assieme al fidato sceneggiatore e collaboratore Paul Laverty, il tono giusto nel racconto, raccogliendo gli applausi del pubblico (la storia non può che portare lo spettatore dalla parte del protagonista e quindi da quella del regista) per quanto non tutto funzioni sempre al meglio.
Dopo circa dieci anni di lontananza Jimmy Gralton (Barry Ward) torna nel suo paesino irlandese d’origine e sotto la spinta altrui torna a far (ri)vivere il suo locale dove le persone normali possono ballare, imparare il pugilato e a disegnare tra le altre attività.
Una forma di aggregazione mal vista dai rappresentati della Chiesa locale, Padre Sheridan (Jim Norton) farà di tutto per far cessare questo tipo di attività e lo farà assieme ai poteri forti locali senza rinunciare all’aiuto delle forze dell’ordine.
Come sempre il regista britannico sta dalla parte dei più deboli, scelta inevitabile e pure necessaria visto che dall’altra la rappresentanza è già bella folta.
Una forma di condivisione di virtù, ed in generale del poco tempo per poter essere felici in un panorama di stenti ed ingiustizie, vista di cattivo occhio in quanto l’aggregazione è considerata pericolosa da chi nella situazione di squilibrio ci trae ricchezza (vedasi l’esproprio di una famiglia dalla terra che coltiva), in più come Padre Sheridan dice la cultura deve essere diffusa dalle fonti ufficiali (in questo caso la Chiesa) deputate a questo (e quindi a condizionare il modo comune di pensare).
Figura cinematograficamente interessante quella realmente esistita di Jimmy Gralton, i suoi duelli verbali con il rappresentante ecclesiastico sono senza dubbio un po’ retorici, ma sono anche ricamati come si deve (inutile dire che da parte il pubblico non può che stare), con anche un prezioso sense of humor (per quanto dalla parte di Sheridan non sia voluto, ma i tempi cambiano e la percezione delle cose con essi) che si ritrova spesso, comunque dosato in modo intelligente (vedi anche la fuga di Gralton aiutato dalla sua anziana madre).
E compare anche un pizzico di romanticismo con quella storia d’amore impossibile da concretizzare (ci sono sempre i tempi diversi di mezzo), ma con gli occhi dei personaggi (all’altezza gli interpreti) che parlano da soli.
Insomma al film non mancano certo le frecce al suo arco, semmai lascia la non sempre piacevolissima sensazione di viaggiare troppo spedito (un po’ è forse dovuto alla sicurezza nei propri mezzi, ma anche alla tipologia di storia vista tante volte in ambienti differenti) ed il finale, che evidentemente non poteva essere molto diverso (la storia irlandese di Jimmy così termina) non assume quella forza dirompente che in un percorso del genere sarebbe stato ideale.
Comunque sia il valore generale della pellicola non è in discussione e non si tratta di parteggiare per un campo politico, ma di semplice giustizia umana, in questo senso Ken Loach ha ancora una volta trovato un modo saggio per manifestare ciò in cui crede fermamente.
E questo rimane cosa per pochi illuminati.
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